martedì 23 giugno 2009
Se serve a qualcosa la pubblicità
Credo di aver deciso di fare il pubblicitario, da adolescente, per mettere a posto pesi e misure. Sindrome di Robin Hood, diciamo. C'era qualcosa che non quadrava nel mondo, e uno dei sistemi più efficaci e gentili per favorire un mondo migliore era la pubblicità. Bene.
Poi ne sono successe molte, e tra queste ho avuto come cliente Procter & Gamble. E quando la maggior parte dei creativi storceva il naso, e messa al lavoro per la "multinazionale senz'anima" pensava di finire in un lager o in una camera anecoica, io no. Anzi, grazie a quella scuola ho imparato cos'è la misura, la consistenza e contenuto: il che serve anche (anzi di più) se devi vendere vasi a Samo, emozioni e panorami.
Stamattina, a proposito di adolescenza, cambiamento e pubblicità, ho visto una cosa meravigliosa.
In America è partito un blog che ha per protagonista Zack, un ragazzino di 16 anni che si sveglia al mattino con le parti genitali trasformate in quelle femminili.
Questo, episodio dopo episodio, gli fa affrontare con evidente misura differenze, discriminazioni, una visione diversa della vita. E' un virale di Leo Burnett Chicago (complimenti) per Tampax: zack16.com.
Il tutto è scritto (sceneggiatura e dialoghi da Oscar) senza luoghi comuni -o meglio con tutti quelli necessari e nulla di più- con una precisione e una leggerezza nell'insight che ricorda quanto cinema americano sappia essere vero, intenso, superiore.
Rispetto alla pubblicità fuffa (quante campagne, fake, mai uscite e realizzate solo per mostrare "so' bbravo" vengono premiate in questi giorni al Festival della Pubblicità di Cannes!) questa è una rivincita coraggiosa, e neppure tanto invisibile.
Il CINEMA, e la VITA ripartono dal web, proprio come ha fatto la poltica con Barack Obama.
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