sabato 6 novembre 2021

MADRES PARALELAS (e nazioni cugine).


Con “Madres Paralelas” ho ritrovato Il Pedro Almodovar che amo e mi sento “in corner” per il confronto, impossibile ma anche inevitabile, tra Spagna e Italia. 

E’ grande cinema che confonde proiezione e domanda.
Se in Italia “voliamo alto” con film tipo  “La grande bellezza” (da cui a suo tempo sono uscito a 2/3 della proiezione) ossia l’ennesimo crogiolarsi nella autocritica/aucommiserazione/autoriferimento tipico del Belpaese, Almodovar esce dai suoi dolori personali e da nodi esistenziali privati per raccontarci una favola/incubo che coincide con la Vita stessa. 

Chi siamo? Che genitori pensiamo o speriamo o riusciamo ad essere? Cosa ci è capitato? Da dove veniamo? “Siamo vincoli o sparpagliati”, direbbe Totò?

Non scriverò niente che possa essere spoiler di un film così intelligente e attuale che tratta di Storia …come dice la frase che chiude il film.

Il film affronta qualcosa che il pragmatismo idealista spagnolo, di cui Pedro è campione e innovatore, riesce a trattare e che noi italiani, tra presunzione e vigliaccheria travestite da “lasciamo perdere” e "ci sono problemi più importanti", non siamo riusciti a fare con il fascismo (salvo poi avere fascisti infiltrati dal dopoguerra ad oggi in tutti i corpi dello Stato).

Certamente oggi la distanza di tempo e la comparsa di giovani tenuti nell’ignoranza o ignoranti di loro volontà (per la presunzione tipica di ogni generazione) rende più difficile l’analisi e la elaborazione… o forse anche no.
A questo ci sfida Pedro che non è nato a New York, Londra o Parigi ma in un paesino della Spagna profonda.


E per farlo usa non solo donne semplici, ma anche la donna Picasso #1, la favolosa e intrepida icona che si ritrova ad essere Rossy De Palma, musa di Jean Paul Gaultier (guarda caso). O Julieta Serrano che in tutti i suoi film ha sempre svettato come quella che sorprendentemente “batte tutti” e ciao.

Per me il film (parlo di sensazioni intime) è anche stato ennesima conferma che inquadrare le viuzze di un qualsiasi pueblo di Spagna (del Sud, di quella che si chiama "la Spagna vuota") mi sentire A CASA. Non perché io lì sia nato ma perché so cosa posso aspettarmi con una battuta di spirito, un sorriso, una charla con una Señora cualquiera. Vedere Madrid (o qualsiasi grande città) mi fa meno effetto. Sarà che sto diventando vecchio anche io, come Pedro, Julieta e molti altre.  E la storia continua. 


 

venerdì 22 ottobre 2021

POMODORI DA MARTE (E SALUTI DA VIA SOTTOCORNO).


C’è stata l'inaugurazione, affollatissima, della mostra di un artista, Ivan Cattaneo. Uomo sfuggente e fin troppo presente (il tipo umano “se c’è, come fai a non vederlo?”), è stato raccontato da più voci, soprattutto e bene dal critico Giorgio Gregorio Grasso. “Pittore” anche no: Ivan è un artista espressivo su molti piani e quello visivo - coerente e inconfondibile nel corso dei decenni! - “penalizzato” dalla sua fama come cantante e personaggio pubblico. “Pittore” anche sì ha segnalato un’altra celebrity presente, lo speaker che è voce storica e ufficiale di Rete4: la forza espressiva dei quadri, con contenuto spesso inquietante, mostra un controllo deciso e sicuro della tecnica. Essere POI diventato persona famosa nella TV commerciale (e spazzatura) “penalizza”  Ivan?

Di cosa stiamo parlando? E’ cultura “alta” o è “bassa”? 

Interviene poi Ivan e confonde ancora di più: la sua espressività, onestà, umiltà, misura, simpatia e franchezza (tutte bergamasche, direi) distolgono un po' dal contenuto a favore della leggerezza “social” che sarebbe inevitabilmente seguita. Eppure Ivan dice che il risultato più grande per lui è che si guardino i quadri: solo lo sguardo riempie di senso e completa un quadro che alla fine è un sogno. Se la fotografia o il filmato “certificano”, il quadro lascia qualcosa in sospeso.


Aver seguito negli anni un artista attivo su piani così diversi, non conciliabili per tipo di pubblico e attenzione, permette di ragionare su realtà e finzione. Ancor più in questa nazione campione e dissestata che chiamiamo Italia. 

Tutto è superficie o almeno è la superficie quel che vediamo. Siamo tutti/e consapevoli che l’apparenza inganna eppure rivela. Nel frattempo soffriamo e ridiamo: si chiama "vita".. Con Ivan abbiamo conferma: ci sono la botte piena e la moglie ubriaca. E' per colpa del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Siamo a Jacques Lacan e alla canna del gas.


Voglio scrivere qualcosa su Ivan Cattaneo come artista visivo ma mi piace sottolinearne la coerenza incoerente che vedo chiarissima con la sua storia di sempre. 

Siamo amici da molti anni: lo seguo da quando “esplose” con la sua musica a fine anni ’70. I suoi 3 LP per l’Ultima Spiaggia di Nanni Ricordi (!) fecero di lui un “fratello maggiore” ...finalmente italiano! per me. Questi dischi e la visibilità conquistata nel bene e nel male con l’esibizione al Festival di Parco Lambro e l’happening che ne seguì insieme a Mario Mieli gli permisero poi di presentare l’opera visiva in via Maroncelli (che io confondo con via Morigi, con la casa occupata dei gay). 

 

Era la sua TUVOGart (Tatto Udito Vista Olfatto Gusto), del tutto coerente con i suoi primi 3 album. Era il lavoro visivo dadaista di decostruzione e deprogrammazione dell’immaginario che anticipava gli anni ’80 (Skiantos e radio libere) ma soprattutto ispirò Franco Battiato. Non esisterebbe “La Voce del Padrone” senza “Primo, Secondo e Frutta (Ivan compreso)” o “UOAEI”. Un giorno Ivan incontrò Franco sulla 90, la filovia della circonvallazione esterna di Milano, con quei disco in mano e ne restò sorpreso. Battiato gli disse: “Mi ispirano molto e sto andando in studio di registrazione”. Poi ogni artista fa quel che sente e quel che può: le differenze sono evidenti ma la distanza non è tanta. 

A sfavore di Ivan musicale ha giocato il fatto che diceva nelle sue canzoni da cantautore cose inascoltabili e forse addirittura incomprensibili a una Italia preistorica, sussuofoba, ipocrita e bigotta che ci illudiamo di aver superato. Battiato invece alludeva e gli riconosciamo la bravura. Nel Paese del "si fa ma non si dice" è necessaria. 

Poi passano gli anni e la gente confonde Ivan con la zebra a pois o il revival dei ’60 come fossero solo un pastiche divertente ed erano soltanto la lente messa sopra la superficialità: quanta boutade pre-gay era implicita in quelle canzoni? Quanto camp autoctono del Belpaese, quanta voglia di vivere? Poi certo arrivarono la Boy Giorgia e i Bronski Beat, Divine o i Pet Shop Boys (per dire 4 idoli) ma qui si parla di cose dei 197x non ancora  198x.

Caterina Caselli consigliò Ivan nell’operazione "revival": in Italia cosa avrebbe venduto pur con canzoni insuperabili con “Polisex” o “Formica d’estate”? E il successo arrivò: fece del bene? Fece del male? 

Chiediamolo al Grande Fratello …ma non solo a quello dove Ivan partecipò, secondo me sbagliando. Chiediamolo al Grande Fratello che siamo, alla bugia che viviamo in questa Italia maestra mondiale di bugia e affabulazione...prima contusi e felici per la TV al ribasso e poi rancorosi per le promesse mancate, confermati in ogni scemenza che diciamo dalla Rete grazie ai social network e quella tecnologia che tanti problemi risolve quanti ne complica e offusca, a proprio vantaggio.


E arriviamo una sera di novembre 2021 in via Pasquale Sottocorno: un giovedì post Covid.

“VOLTI & SCONVOLTI ovvero IO FACCIO FACCE!’ è produzione pittorica del Cattaneo più recente in assoluta continuità col passato (esiste il passato?  è solo un minestrone?). Molte opere richiamano attenzione in un momento che non è il party o la festa. Le pubblico qui. E' la ricerca di identità che ci riporta all'Italia cantiere di qualche decennio fa, più che mai attuale.  

Il viso è una maschera, un equilibrio spericolato tra dentro e fuori. Ciascuno di noi è gli altri, il puzzle di chi ci ha costruito attraverso educazione, consenso, amicizia o il loro opposto. 

Siamo anche un insieme di luoghi comuni, un pasticcio, una contraddizione talvolta bella a vedersi ma non facile da vivere o tenere insieme. 

L'androginia - l'attenzione al femminile - potrebbe essere (io penso sia) metodo e capacità di ascolto, proviamoci. L’altra faccia della luna siamo noi, basta cercarla e cercare capirla. 

“Individuo” significa "non divisibile": noi umani esistiamo solo come non divisibili dagli altri e gli altri esistono per definire me. 

Noi “omosessuali” siamo antenne particolari, portatori di valori e pensieri difficili per la maggioranza. 

Siamo un possibile passo positivo dell’evoluzione quando usa la “ragione” per staccare il sesso dalla procreazione e farne qualcosa altro. “Altro” cosa? Sapremo farne frutto? 

 

 





 Polifemo o transessualismo (nel senso usato da Mario Mieli) d'ascolto?

 Is it possible? O mentre baciamo guardiamo da un'altra parte?

Omaggio alla Lomellina dove io e Ivan abbiamo avuto molto. Con un gioco di parole che tira dentro Catherine Deneuve, il porno, la maternità.  


 Je suis moi, e cioè? 

 Idiota, ci dice. Con molta ragione delle cose. 




 

giovedì 14 ottobre 2021

TRA SENTIMENTO E RI/SENTIMENTO.

Mi domando in questi giorni in quale pattumiera esistenziale accecante siamo avvolti noi italiani. Si può capire l'angoscia della vita o la fragilità umana davanti a una pestilenza ma, oltre alla paranoia profonda dei cosiddetti No Vax, cosa ha mosso "nella pratica" chi non si vaccina? Quale egoismo? Che senso della vita? Che idea di sé e degli altri? 

Penso che la risposta sia nella Storia: siamo una nazione dispari, VERTICALE, l'appendicite dell’Europa nel Mar Mediterraneo, unita a fatica e a stento da poco più di 100 anni soltanto. Una penisola divisa dopo la caduta dell’Impero Romano in 50 staterelli, ognuno popolato da etnia diversa e dominato da conquistatori diversi, con idee, territorio, cucina e clima diversi… e unito dopo la Resistenza da una classe politica …divisa per attrazione tra l'Est e l'Ovest, con le colpe dei fascisti (la peggio Italia) cancellati dall’amnistia “di Togliatti”. Lasciati lì a imputridire le istituzioni... Del resto esistono colpe ancora più grandi del blocco comunista dopo la Seconda Guerra Mondiale, come aver abbandonato la Spagna alla dittatura franchista.

Poi in Italia abbiamo avuto la Ripresa: con il benessere abbiamo costruito le autostrade, sono arrivate le vacanze, sono iniziate le lotte operaie, il Moplen, abbiamo ottenuto un minimo di emancipazione femminile, i giovani hanno potuto ballare e fare l'amore con maggiore libertà, il diritto a divorzio e aborto, per dire... conquistati a fatica, in un angolino nascosto adagio adagio hanno trovato spazio anche i gay (su pressione dell'Europa). 


I fascisti che erano rimasti nascosti nei servizi segreti e nelle forze dell'ordine, forse alleati con potenze straniere (forse?) e negli anni '70 hanno messo bombe e aiutato il terrorismo "di sinistra" perché i comunisti non andassero al potere democraticamente. Panico. 

Nel frattempo la TV che era stata con la RAI di Alberto Manzi, Mike Bongiorno o Mina e Raffaella Carrà il più grande motore di unità vide l’arrivo della finta libertà, con quella TV privata - Italia manipolata - che fu in realtà il vero colpo di stato mentale. 

Era la mediocrità, il sabato del villaggio, il gioco al ribasso, l'unione sì... ma nei difetti: si dovevano solo eliminare le televendite dei sali di Wanna Marchi o delle cassette porno di Maurizia Paradiso ma il resto andava bene per eleggere qualcuno Deputato al Parlamento.

E se si indagava sul conflitto di interessi che bloccava il Paese, ci pensava il TG5: in una confusione tra notizia e spettacolo, i calzini blu del giudice Mesiano mettevano in dubbio la sua serietà professionale. 
Nel giro di qualche anno questa classe dirigente dei media è entrata in TV e in breve una giovane prostituta marocchina diventava per votazione del Parlamento ufficialmente nipote del Presidente egiziano Mubarak e Angela Merkel veniva definita dal Primo Ministro italiano “culona inchiavabile”. Per reazione un attore comico celebre per le pubblicità dello yogurt dava il via a un partito/movimento che si prendeva carico degli argomenti che la “Sinistra” venduta non osava più affrontare e siamo tornati al Medioevo. Il “tengo famiglia” copre ogni colpa e ogni vergogna e in fondo riporta al potere i figli papà “come è normale”. 


Dove non riuscirono le bombe o la repressione poliziesca è riuscito l’istupidimento di massa. E’ stata cancellata la dignità della povertà e bisogna ad ogni costo apparire più ricchi di quel che si è. 
Sulla scorta della televendita o degli slogan “Perché io valgo” o “Io esiste”, idee da  parrucchiere o da Bar Sport sono diventati programmi TV, con il Gabibbo che arriva a far da giustiziere. 


"Perché il mondo non mi dà quanto ha promesso?" In questa nazione infantile, vittima della sindrome di Peter Pan, il sentimento è imputridito ed è diventa ri/sentimento. “Mi avevi promesso il formaggio, perché mi dai la segatura?” dimenticando di aver votato per chi proponeva bugie. 

Memoria da pesce rosso, si dimentica tutto. E “i politici sono tutti uguali” diventa nel giro di qualche anno “Chissà cosa ci mettono in quel vaccino”, la insoddisfazione diventa senso di persecuzione. E’ lo stesso criterio che fa diventare i bambini o i cani il centro di ogni attenzione, mostri irresponsabili a cui tutto è permesso. E’ la famiglia, mafiosa o protetta dalla Chiesa o qualche Dio, è la trappola della deficienza di realtà.

Del resto basta ascoltare le radie italiane o sentire che musica “va”. E s
e per evento inaspettato al Festival di Sanremo vince un gruppo di giovani emulatori del rock …farà più numero all’estero che qui. Abbiamo altro a cui pensare, tipo bloccare i porti o le città perché “non sappiamo cosa ci ci mettono dentro”...dopo aver mangiato carne di animali intossicati dagli antibiotici perché allevati a forza in condizioni squallide. 

Non facciamo figli per disperazione e assenza di prospettiva ma non vogliamo gli immigrati, e i pochi cha abbiamo sono spesso sottopagati e vivono in condizioni abominevoli… e dopo essere stati immigranti noi per decenni. 
Quello del belpaese è un circolo vizioso, la trasmissione è riuscita. 




venerdì 8 ottobre 2021

MUSICA PROIBITA.


Uno (io) definisce frettolosamente "fro*i nazisti" le bertucce che in corteo a Madrid hanno gridato "fuori i pricchioni dal nostro quartiere" salvo poi essere rivelati tali anche loro da amanti uomini ben più coraggiosi di loro ("loro" in spagnolo significa pappagallo). Uno (sempre quello, io) viene poi punito per la parolaccia dal social network che ha fatto eleggere Trump o permette di tutto etc etc. e uno (ancora io) ci resta male. E' bene ricordare e sottolineare: l'uso di parolacce offensive a lei diretta da parte di una minoranza è una forma di autodifesa, oltre che constatazione magari brutale ma veritiera e inoppugnabile. Quando altri negano l'olocausto e vengono lasciati liberi di parlare, non a caso. 

Pazienza, andiamo avanti. Ma mi piace ricordare che l'uso delle parole "al contrario" è tutt'uno con l'interpretazione della realtà come codice cifrato in una ricerca della libertà. E' cultura camp, gusto del paradosso che reinventa e dà valore alle cose (inventandosi tra le altre cose le "dive") ed è uno dei segnali più potenti di presenza della comunità maschile omosessuale nel contemporaneo, nel pop, nella vita.

Ma qui non parlo delle dive, piuttosto del contrario. Una canzone da qualche tempo mi ossessiona e non è di Lady Gaga o di Ivan Cattaneo primi anni o Colapesce&Di Martino: è Claudio Villa che canta. Non c'è cantante meno gay sul pianeta di Claudio Villa, il macho romano al 100% che sprezzante disse dei Duran Duran attesi al festival di Sanremo "Secondo me non duran". 

Tra tutte le interpretazioni "Musica Proibita" la amo cantata da lui. E' una romanza classica, di grande successo di fine '800, scritta per voce di donna ma - per la forza richiesta nell'interpretazione - viene quasi sempre eseguita da uomini... con strepitoso effetto. Se la ascolti immagini Claudio Villa che sogna di incontarare lo spasimante maschio sotto il balcone. Ne sogna le labbra carnose e gli occhi e non ha certo bisogno dell'ecstasy liquida. "Fammi provar l'ebbrezza dell'amor". Sarà che a me piacciono gli uomini bassi di statura e la virilità usata in direzione diversa dalla sopraffazione. Del resto come diceva la mia maglietta firmata attaccabottone "gli uomini sono donne come tutte le altre". Oppure per Martin Lutero e gli stranieri che venivano qui a fare il Grand Tour gli italiani sono tutti "un po' così". E il gagliardo Claudio Villa ha cantato un'altra canzone che mi ha sempre lasciato a bocca aperta... contiene un altro topic dell'immaginario gay... il BOSCO e il BOSCAIOLO.









mercoledì 6 ottobre 2021

DA DOVE RICOMINCIAMO?

Non so voi, ma io vedo in giro molta angoscia e disperazione, di quel tipo che prende tempo facendo finta di niente. E' come quando da bambino hai commesso una marachella e temi che la punizione sia arrivata e la giustifichi. 

Forse la pandemia non ci renderà migliori ma qualche esitazione e qualche pensiero lo ha stimolato... "Cosa valeva la pena di fare e cosa no?" ci siamo domandati... Adesso dobbiamo fare i conti e ripartire: è la "nuova normalità". Se quella di prima aveva buchi da tutti le parti non li ha certo rammendati l'emergenza sanitaria mondiale che ci ha reso tutti più deboli e consapevoli dei limiti. Ovvio, i più malati di tutti sono certo quelli che si domandano cosa c'è dentro il vaccino (senza domandarsi cosa c'è dentro l'acqua del rubinetto, magari) ma la mia palestra - per fare un semplice esempio - è mezza vuota rispetto a prima. Dove sono andati tutti? Sono implosi? Sono pieni solo i mezzi di trasporto pubblici, superaffollati, e i social network con tanti cretini/e che non dico Umberto Eco ma neanche Nostradamus poteva prevedere.

Ad arricchire la commedia (che forse è una tragedia) abbiamo un paradosso tutto italiota: l'incitatore ufficiale d'odio della Lega, il suggeritore di Mister Nutella, è in corner per un festino andato a male con prostituti rumeni. Uh, la Romania... nazione extracomunitaria dentro la Comunità Europea, quell'Est indesiderabile che viene trattato come un vuoto a perdere. Sembrava una storia di orgette a base droga ma si sta trasformando solo in un litigio sulle tariffe dei puttani. Questi millantano e vengono ripresi dai quotidiani ad alta tiratura e gran bassezza. Raccontano soprusi ma sono solo marchette e tariffe, probabilmente. Per questo è ancora più povero il ritratto della velata che ha fatto loro ricorso: miseria assoluta e viene quasi da render merito all'ottavo nano e alle Olgettine. 

L'amore che non osa pronunciare il suo nome è relegato a una perdita di coscienza non per le droghe sintetiche, ma per mancanza di coscienza. Schizz'n'go. E la burundanga trova addirittura l'appoggio della famiglia che difende l'agnellino perverso: "Non ha fatto niente di male". 

Uno si domanda cosa ne avrebbero detto Mario Mieli o Pier Paolo Pasolini, per dire 2 galassie distanti e non comunicanti fra loro. 


martedì 5 ottobre 2021

AIUTARE IL CAMBIAMENTO CHE SIAMO.





Noto strane coincidenze per spiegare una reazione che ho sentito inevitabile: 15 giorni fa ho scritto una parola “vietata” dal più frequentato social network, un incidente banale si direbbe e sono stato punito. Questo ha scatenato in me una decisione che da tempo doveva essere presa: smettere di scrivere lì cose intime e personali. Se userò ancora Facebook sarà per mettere “like” o condividere iniziative ma preferirò scrivere le cose personali in privato o appunto in iper-pubblico: qui. Polvere siamo e polvere ritorneremo: che almeno, nel frattempo, si eviti la sabbia negli occhi. 


Per impegno personale e per il senso del tempo che passa ho il bisogno di spiegare e confrontarmi quel che sento non voglio essere giudicato da chi vende la speculazione come educazione. Torno al blog abbandonato da anni anche perché su Facebook è tutto “usa e getta”. E scrivere per regalare contenuti ragionati a spreco era solo una manifestazione delle mie insicurezze e tanto vale risparmiare tempo. 


Io credo sia forte il degrado della società a seguito della tecnologia e dell’invenzione di nuovi paletti e segnaletiche per ciò che è considerabile opportuno o inopportuno: e soprattutto DA CHI? 

Con gli indiscutibili vantaggi che la comunicazione digitale permette, l’evoluzione di internet è andata in direzione opposta alla democratizzazione della cultura che avevamo sperato quando la usavamo in 23. Per questo torno al blog o magari anche al “nulla” pre-internet: così com’è non mi va. Mi fa ridere Claudio quando dice: “A me Facebook a me non serve, ho già la portinaia e il mio lavoro mi basta e avanza”.


Con la Rete gli anni di studio e la capacità di argomentazione sono annullati, mortificati: si possono ormai buttare via intere biblioteche o una vita di preparazione e osservazione “tanto c’è wikipedia” (con tutta l’arroganza che questa enciclopedia comporta, oltre alle sue finalità… bulli saputelli che ritengono proprio diritto correggere e cancellare). E proprio Facebook è campione di arroganza: permettendo parole o immagini in alcuni Paesi sì ed altri no in base alle sue convenienze, permettendo degrado e bassezza quando fa loro comodo. Per anni ho archiviato alcune tra le mie riflessioni che avrei pubblicato nel blog in una sezione di Facebook chiamata NOTE che qualche anno fa è stata cancellata senza avvertire, insindacabilmente. Una perdita non solo per me ma anche per altri amici (Giovanbattista, che è uno storico di costume e spettacolo per esempio). 

Il dramma della Rete (dove siamo caduti) è infatti ancora più grande, secondo me, per la comunità che ho aiutato a nascere in Italia: quella LGBT*xyz, per gli uomini gay in particolare. Le false facilitazioni delle app e le scorciatoie dei social pieni di luoghi comuni e insulti mi inquietano e per i gay sono spesso puro anal/fabetismo. 

Non abbiamo il coraggio come homo sapiens di affrontare la zona di confine/confusione tra ragione e istinto? I social network sono lo strumento migliore per fare casino perché nulla cambi davvero.


Le coincidenze, e la spiegazione della mia scelta ribelle le ho trovate nella radio. 

Come molti/e di voi sanno con la radio sono cresciuto, mi sono formato e ricostruito. Grazie alla radio ho addirittura trovato marito (ma questa è una storia a parte). 

Alcuni programmi radio hanno segnato la storia della mia vita: Alto Gradimento di Arbore e Boncompagni prima di tutto, L’Altro Martedì che ho pensato con i miei migliori amici e condotto (è stata la trasmissione gay di più grande successo nella storia della radio italiana). Poi arrivò l’AIDS e smettemmo quella formula dissacrante, non adatta ai tempi. 

La radio privata italiana ha fatto passi indietro ed è diventata con gli anni un deserto d’intelligenza, superficialità e puttanate da bar sport vendute come valore, ancor peggio della TV. Fosse per me salverei solo (e non completamente) Radio3 RAI. Scrissi anche in RAI per cercare contatti ma non rispose mai nessuno. Probabilmente anche a sinistra o nella cultura devi avere gli “amici giusti” e io professionalmente avevo lavorato per anni in un altro campo: attiguo, quello della pubblicità… ma in Italia la creatività funziona a compartimenti stagni. 


Che poteva fregarmene? Ero ormai diventato mezzo spagnolo e quella cultura mi ha salvato la vita. Quella lingua con i suoi “pattern” e il suo approccio all’esistenza mi ha dato tanto quanto la lingua inglese o quella francese, forse di più. Devo molto a mio fratello che ci vive, a Jorge Luis Rodriguez Zapatero, uno degli uomini politici che più stimo al mondo e al fiume di amiche/amici che ho lì. 

Ma devo molto alla musica spagnola che mi ha aperto la strada (insegnamento di Paola Frezza, la mia prof d’inglese alle scuole medie). Per questo aprii su Facebook una pagina che cercava di raccontare la musica che mi piace e porta lo stesso nome di questo blog. La musica che mi piaceva naturalmente non era solo spagnola ma lì c’era per me tanto da scoprire e raccontare… e non basterà una vita intera. Se il suono di quelle parole è per le mie orecchie musica, figuriamoci quando sono cantate sottotono, in maniera morbida e incantatrice, in modalità un po’ teatrale… come nel Donosti sound (Le Mans, Family, La Buena Vida, Single) o Hidrogenesse, ovviamente La Prohibida, Chico y Chica, La Terremoto, Espanto, Alaska e Fangoria dei momenti migliori… 


Proprio grazie alla musica mi ha fatto da guida, per anni e anni, un programma radio di Radio3 spagnola, Siglo 21. Alternava alla musica di ricerca (nazionale o internazionale) interessanti e originali visioni geopolitiche, curiosità, stimoli e allarmi culturali, racconti in prima persona dei musicisti: la formula originale cambiava ogni giorno e mi accompagnava mentre facevo ginnastica per i miei dolori di schiena o buttar giù qualche chilo. 

Per me “esiliato emozionale” Siglo 21 era un mondo a parte: dava vita in un angolo di via Giambellino alla Spagna ideale e la voce incredibile di Tomás Fernando Flores mi ha fatto scoprire, per esempio, Rosalia e Rodrigo Cuevas. 

Oggi Siglo 21 come trasmissione non c’è più: l’ho scoperto per caso e incredulo un giorno al ritorno dalla Spagna e non mi ci sono ancora rassegnato: come potrò farcela?

Però roprio nelle parole di addio del conduttore Tomás Fernando Flores ho capito il perché (e non l’ho ancora capito tutto). Ma è il MOMENTO DI CAMBIARE. 


Ieri Giuseppe Sala è stato confermato Sindaco di Milano, evviva. Chissà se la mia città di nascita diventerà nei prossimi anni sempre di più la città italiana crocevia da/per il mondo o un bluff di speculazione edilizia e pretese (che sono anche il suo forte, nel bene e nel male: spesso le trasforma in promesse che sa mantenere). Io tra qualche anno diventerò spagnolo. 


Se capisci lo spagnolo ascolta gli ultimi 5 minuti dell’ultima trasmissione di Siglo 21. Ma te li ho riassunti sopra: E’ ORA DI CAMBIARE tanto ci pensa già la vita a cambiare noi comunque. 


https://www.rtve.es/play/audios/siglo-21/fin-03-09-21/6085619/