Prima arriva la foto, poi (30 giugno) arriva il testo.
La foto certo merita, è addirittura un pezzo di storia e ha infatti fatto già il giro del mondo. A me è arrivata reinvita il giorno stesso da un'amica di San Francisco.
Mi ha raccontato chi c'era che davanti allo stendardo in questione, portato da Frank, era un alternarsi tra anziane signore napoletane che ridacchiavano "Tiene ragione!" e sorelle camionare che volevano la foto ricordo.
Ma io a Napoli non sono andato, perché avevo da fare al Festival MIX MILANO (venuto benissimo, un'oasi umana nel deserto mentale di Milano, e della società attuale che fa collimare desiderio omosessuale con web e pornografia, con un indesirabile ritorno nell'armadio). E al festival ho anche fatto un discorso dal palco per dare un premio d'onore, il POLEMIX in onore di un mio amico scomparso, Enzo Lancini, a J'ai Tué Ma Mere, un bellissimo film di un canadese ventenne. E' un film uncorrect sul rapporto difficile tra madre e figlio(gay) dove il tema "è davvero colpa della mamma?" versione 2010 si trasforma senza esclusione di colpi in un plot tipo "tutto sua mamma".
Felicissimo di conoscere le impressioni di amici sul Pride di Napoli (che stavolta mi pare abbia avuto una copertura mediatica migliore), le ho chieste man mano che ritornavano a Milano -e al Festival- nei giorni successivi. Ma dopo il primo che mi ha detto "delusione", il secondo che ha continuato "Molto meno di quel che mi aspettavo. Era soprattutto un corteo di carri... Sembrava una festa dell'Autostradale",e qualcuno ha aggiunto "Sai, mancavano slogan brillanti come LA MADONNA DI POMPEI VUOLE BENE PURE AI GAY"". Mancava solo un altro che nel suo blog ne scrive molto precisamente e in maniera non proprio celebrativa, mi sono reso conto che qualcosa "non era andato".
Perché? Boh, domandiamocelo.
E' cambiata l'Italia? O Napoli, la città della Funicolare, di Eduardo, di Totò, dei femminielli e della Madonna di Pompei ci ha girato le spalle?
Qualcuno mi ha detto che forse il Pride in questa città l'aveva deluso perché non era all'altezza di qello che abbiamo fatto nell'ormai lontano 86 (se ricordo bene).
Un'evento incredibile: al mio arrivo nella piazza dove il corteo partiva, feci in tempo a vedere i commercianti di t-shirt taroccate che chiudevano le bancarelle dicendo "Iamm Iamm che mo' arrivano questi.. che le magliette D&G ce le hanno vere!" (e l'ho visto con i miei occhi).
C'era il carro barocco delle travestite e trans che imitava e rievocava il carro con cui, a inizio secolo, veninivano portate in giro per la città i "nuovi arrivi" che avrebbero lavorato nei bordelli cittadini. Incantevole per valore spettacolare e simbolico. Il suddetto carro si fermò a un certo punto del percorso davanti a uno storico cinema di battuage (leggi: incontri anonimi e casuali tra uomini). Il luogo d'incontro e piacere era ancora in attività (una situazione tra mitolologica e archeologica da scopate dietro i tendoni rossi, per intenderci): e le trans applaudirono verso l'ingresso urlando "Fuo-ri! Fuo-ri! Fuo-ri!" esortando i recalcitranti maschi all'interno ad uscire e unirsi al corteo, e naturalmente non successe (anche questo visto con i miei occhi: la prova e conferma evidente che gli scontri di Stonewall che hanno iniziato la storia dell'Orgoglio contemporaneo li avevano DAVVERO generati ragazze di quel carattere e determinazione).
Quest'anno nonostante il ritratto bellissimo che qualcuno ne ha fatto, qualcosa è cambiato. Forse. E per fare confronti, sarebbe forse il caso di restaurare in forma digitale il documentario-reportage (si chiamava TUTTINPIAZZA?) di Claudio Cipelletti dov'ero intervistato anch'io e che dovrei a quato punto ritrovare. Mi c'impegnerò.
Ma quest'anno 2010, indipendentemente dal numero di partecipanti (300mila, 150mila, 50mila) qualcosa è andato di traverso, se sono vere le facce rancorose e indifferenti viste lungo il corteo in città, a Napoli.
A fare di ciliegina sulla torta, nel corteo è stata contestata Anna Paola Concia, il Deputato PD che poco tempo fa ha convertito alla civiltà il Ministro delle pari Opportunità Mara Carfagna. Grazie, anche se la destra italiana su questi temi mi fa orrore e non basta certo che un Ministro di questo governo mostri finalmente civile.
Qualcuno nel corteo (antagonisti, mi pare la definizione giusta) pensava che non avrebbe dovuto essere lì perché flirtava (semplicemente era stata a un dibattito tempo fa) dei fascistoni di Casa Pound. Ora, non ho nessuna stima di Casa Pound, anzi mi fanno orrore se non paura. E penso anche che non hanno nessun diritto di usare il nome di Ezra Pound, come la figlia di lui giustamente dice. Ma che si giudichi la presenza di Anna Paola inopportuna, una passerella da politico, e la si voglia mandar via, mi pare un assurdo.
Non è il Pride che ho in mente io, del resto non è neppure l'Italia che speravo io quella in cui stiamo vivendo. E' molto, molto peggio. A proposito di passerella, il Presidente del Lazio Renata Polverini, quella dei saluti romani allo stadio, aspetta un invito per decidere se andare al Pride (invito da parte di chi? il Pride non è di nessuno).
Non ci capisco più niente, torno sui monti tra le caprette. Firmato, Heidi.
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domenica 27 giugno 2010
sabato 26 giugno 2010
MY LIFE IN A QUADRATINO.
Sono stato al concerto dei Pet Shop Boys mercoledì scorso al Castello Visconteo di Pavia (oh!). E se la domanda fosse -in linea con una delle mie preferite di Tennant/Lowe- Was It Worth It? la risposta sarebbe "Yes, it's Worth Living For". A parte il fatto che la festa è già che ci vai con amici con cui ti sembra di fare famiglia, e questo si allarga all'istante anche con quelli che trovi lì. Non è proprio un caso.
I Pet Shop Boys mi sono sempre piaciuti, anzi di più. E per lo stile ancora più che per le canzoni: West End Girls, presempio, non mi piace ancora adesso. Ma mi piace l'appropriazione e rielaborazione che fanno. Antenne riceventi e trasmittenti. Messaggi in bottiglia che sfidano l'onda del tempo per chi non ha a disposizione figli a cui trasmettere qul che gli sembra di aver capito. Grazie a loro ho conosciuto Noel Coward o Francis Poulenc. Antropologicamente corretti, la dicono lunga sorprendendo con la boutade leggera, e riportano un modo di stare al mondo che è mio, etcetera, actually, yes.
Ha fatto schifo il gruppo di spalla, un gruppo giustamente chiamato Babilonia, il cui cantante a un certo punto ha esclamato "Ma quanti siete!" e c'era da rispondergli "Sì, e così tanti tu non li hai mai visti né li vedrai mai più". Come se non bastasse un dj set che andava bene per l'autoscontro del luna park; avrebbero potuto chiamare -chessò- Il Genio ad aprire il concerto del duo che ha cambiato la storia del pop elettronico e della consapevolezza amorosa ma gli organizzatori si sono accontentati del cuggino di quello che friggeva le salamelle a lato del palco. Que pena, que dolor, que pena. Comunque non era un problema serio come il cancro, e infatti se ne sono andati.
Il team dei PSB ha così cominciato a montare uno scenario meraviglioso e ultralight (mostrando che il risparmio può essere elegante, se sai essere minimalista): cubi bianchi, come in un immenso Tetris monocolore e ricomponibile a iosa.
Escono Neil and Chris, e come sempre abbiamo capito che è un onore essere loro contemporanei. Lo spiego così, perché è un effetto speciale dell'anima che ho provato alcune volte nella vita, per esempio vedendo la prima visione di "Troppo Sole" di Sabina Guzzanti anni fa. E mi capita sempre con i Pet Shop Boys (tranne quando cantarono all'Alcatraz per un album acustico di cui non ricordo il nome, forse Release).
Che esista nella cultura pop un Before e un After los Pet Shop Boys mi pare evidente, lo dicono i Brit Awards e il premio alla carriera delo scorso anno dove i nostri due veggenti hanno portato sul palco ... ricordi chi? .... ricordi chi? okay, vuoi che ti dica chi? ....Lady GaGa! Già due che nel momento in cui vengono premiati perché han fatto storia incoronano un'altra, più giovane di trent'anni ne fa i miei fratelli.
E passiamo allo show, e mettiamo che a chi sta leggendo non piaccia la musica dei Pet Shop Boys. Ma citazioni, rielaborazioni e riappropriazioni culturali bastano a fare di questo spettacolo uno straordinario punto dello state of the art contemporaneo.
Tanto per cominciare le canzoni non esistono più: sono assemblate in stile Pandemonium (nome del tour). Ogni canzone diventa un'altra, non come medley ma come mash up, con la stessa imprevedibilità con cui nella playlist del computer passiamo da una all'altra. Come a dire che il modo di costruire l'identità e la cultura personale da quando il web è diventato mezzo principale di comunicazione è Pandemonium, PANDEMONIO.
Il Virtuale è ormai Reale, e ci ha modificati per sempre. E' inutile illudersi: il nuovo umanesimo è "my life in a quadratino". Siamo una citazione, un rimando, la foto tessera scelta con cura per far colpo nel profilo, nella chat. Siamo (anche, forse soprattutto) un cubetto, un pixel come gli altri e forse stiloso nel flusso d'immagini e sensazioni della rete.
Per chi come è me è cresciuto nei palazzi popolari del Gratosoglio cambia poco. Una volta un amico mi ha domandato affettuosamente "Ma come mai sei venuto fuori proprio tu dai quei 20 mq, visti frontalmente, di cemento armato?" e mi ha fatto uno dei complimenti più belli mai ricevuti in vita mia. I Pet Shop Boys di Suburbia se ne intendono, di voglia d'emergere pure.
Ecco il perché dei cubi bianchi che diventano colorati grazie alle proiezioni, e cambiano forma, e i ballerini ci salgono sopra (post reimpaginato con le insuperabili foto di Gianfranco; sono uno sfigato con le digitali e lui ha una camera più antica ma molto più efficace della mia nei notturni...)
In Suburbia quando parlano della mamma che deve fare la permanente il sabato pomeriggio, e passa l'ambulanza, e cantano "I only wanted something else to do but hang around". Fa sempre il suo bel bel poco zio d'effetto quando migliaia persone in Italia cantano una canzone in inglese. Evidente che abbiamo tutti studiato per poter uscire dalle case popolari, dal paesino ridente e dalle nostre camerette.
Lo stato artistico del concerto li rende ormai i Gilbert & George della musica pop (quando baronetti? tra l'altro a differenza di G&G non dipingono neppure stronzi e non dicono parolacce... comunque io spero MAI)
Come sempre nel pubblico c'erano milioni di ragazze: adoro il fatto che i Pet Shop Boys siano un gruppo electro ma sentimentale, femminile quanto maschile ed eterosessuale quanto omosessuale. E' come se avessero ridefinito l'uterosessualità a partire dal gayismo: ironia, understatement e distacco sono diventate con il tempo il sistema metrico decimale per raccontare l'amore di tutti noi. E con Neil e Chris sono questo stile è diventato un CLASSICO. E' una legge non scritta, ma ferreamente rispettata nel Castello Visconteo di Pavia come in tutte le venue e tutte le tournee: ai concerti dei Pet comandano le ragazze e stanno bene gli uomini che con le ragazze vanno d'accordo. E cantiamo insieme, senza paura d'apparire sensibili.
Forse per questo Fangoria, il gruppo spagnolo che regna nel mio cuore dice molto puntualmente "i PSB non sono un gruppo, sono un genere"*.
Un genere unico, e non in senso musicale: uomo e donna sono due facce della stessa cosa. Do I Have To? (Devo Proprio?, un glorioso lato b recuperato) diventa King's Cross (una canzone d'amore involontariamente diventata simbolo di un disastro ferroviario in quell'amata stazione nell'87). Ah, perché in effetti i Pet Shop hanno anche ridefinito l'Inghilterra e ciò che noi amiamo in lei, Lady Diana in testa.
I ballerini che portano sul palco l'energia che per età e per ruolo Neil e Chris non possono avere ne fanno di diversi colori: la figura più emozionante è quella delle 2 ragazze con teste a cubo che ballano il valzer. Lesbiche? No. Quando tolgono il cubo dalla testa, sono gemelle. Un po' di più, un po' di meno, o forse la stessa cose direbbe il Michel Tournier de Le Meteore.
Una grande emozione è poi stata quando sul muro dei quadratini è comparsa in proiezione pixelizzata xxxxlarge la mitica Miss Dusty Springfield (lei sì lesbica, e semisegregata per questo, unica cantante bianca a incidere per la Tamla Motown, riscoperta dai PSB per Scandal, il film sull'affare Profumo). Again, cantare insieme a tutti "What Have I Done To Deserve This?" (Cosa Ho Mai Hatto Per meritarmi Questo?") in un gioco tra passato e futuro, tra vita e morte, reale e virtuale, capriccio e destino non poteva proprio lasciare indifferente nessuno.
"Is this a riot or are you just pleased to see me?" poi (nella canzone Pandemonium) è citazione di "Quel che hai in tasca è una pistola o sei soltanto felice di vederli?" di Mae West, e quando dentro Pandemonium si fan largo musica e parole di Can You Forgive her? ossia l'invito (disinteressato ? :-) ad un ragazzo a mandare al diavolo la ragazza che lo deride di fronte agli amici perché gli piace la disco e non il rock, pensi "amore siamo qui e in nessun'altra parte".
E ad un certo punto (per dare una tempistica, i 4/5 dello show) il castello di cubetti bianchi e/o colorati va a pezzi, tirato su da corde invisibili fino a quel momento. Come dire, ieri come oggi è tutto un teatrino, per lo spettacolo e per l'identità è un cubo di Rubik costruito e decostruito grazie all'internet. Mica si che a pezzi ci vanno solo i gay, che -al limite- sono abituati a costruirsi e ricostruirsi tutto senza appoggio delle autorità.
E di seguito i ricordi del miei sapienti amici (architetti) Paolo e Fabio >>> "I tecnici del suono vestiti da scienziati in camice bianco citavano un'opera, PLAYING DOCTOR del 1993 del Collettivo GENERAL IDEA, sterminato dall'AIDS.
I ballerini vesti da grattacieli rifacevano il Ballo delle Belle Arti. New York 1931, dove più di 12 architetti fra i quali William Van Alen (Chrisler Building), Leonard Shultze (Waldorf Astoria) e A. Stewart Walker (Fuller Building) si presentarono con vestiti che riproducevano gli edifici da loro progettati. Rem Koolhaas ha inserito il Ballo nel suo libro "Delirious New York".
Poi c'era Depero, Magritte (ma questo è da sempre molto Pet, NdR) e anche TOYS, il poco cagato film di Barry Levinson che era ancor più un film di Ferdinando Scarfiotti" (bravo Paolo e Fabio, neh? Più che una coppia sembra una squadra... come Neil and Chris).
Aggiungerei un po' di El Lisitskij / Kraftwerk, che in quanto a citazione d'Europa schifo non fa mai... Anche perché ci sarà una ragione se i Pet lasciarono a loro tempo gli States dov'erano amati (e facevano soldi a palate ma dovevano per forza esser catalogati sotto l'etichetta "gay") per l'Europa. I PSB prima del Castello Visconteo han cantato di fianco al Mausoleo di Lenin, a Mosca... e da quel periodo è nata Go West, ossia la reinterpretazione dell'epopea cula '70 di Frisco secondo le indicazioni date da Quentin Crisp in un indimenticato messaggio televisivo natalizio ai giovani inglesi della Regina (ossia Quentin Crisp) da New York "My suggestion for the new year? Just pack up your things and go!".
Gli spagnoli Fangoria (che in molti aspetti sono una spora di contaminazione PSB portata dal vento dell'intelligenza a Madrid) eseguono la loro canzone più celebre, l'inno di ribellione e ormai colonna della nueva España, A Quien Le Importa, SOLO al Gay Pride di Madrid... (per dire, il ritornello "A chi gliene importa di quello che faccio e di quello che dico, io sono così, e così continuerò. Non cambierò mai" e suona molto Pet, muy Was It Worth It?).
L'anno della celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso stesso, l'hanno eseguita in coro con le Nancy Rubias in medley con It's A Sin dei Pet Shop Boys, il cui video fu girato da Derek Jarman.
E' davvero un peccato vivere una volta sola: dovesse ricapitarmi - a pare Claudio - voglio di nuovo Neil e Chis nel panorama, Olvido, Nacho e Mario. E Derek. E i miei amici che mi aiutano a capire.
I Pet Shop Boys mi sono sempre piaciuti, anzi di più. E per lo stile ancora più che per le canzoni: West End Girls, presempio, non mi piace ancora adesso. Ma mi piace l'appropriazione e rielaborazione che fanno. Antenne riceventi e trasmittenti. Messaggi in bottiglia che sfidano l'onda del tempo per chi non ha a disposizione figli a cui trasmettere qul che gli sembra di aver capito. Grazie a loro ho conosciuto Noel Coward o Francis Poulenc. Antropologicamente corretti, la dicono lunga sorprendendo con la boutade leggera, e riportano un modo di stare al mondo che è mio, etcetera, actually, yes.
Ha fatto schifo il gruppo di spalla, un gruppo giustamente chiamato Babilonia, il cui cantante a un certo punto ha esclamato "Ma quanti siete!" e c'era da rispondergli "Sì, e così tanti tu non li hai mai visti né li vedrai mai più". Come se non bastasse un dj set che andava bene per l'autoscontro del luna park; avrebbero potuto chiamare -chessò- Il Genio ad aprire il concerto del duo che ha cambiato la storia del pop elettronico e della consapevolezza amorosa ma gli organizzatori si sono accontentati del cuggino di quello che friggeva le salamelle a lato del palco. Que pena, que dolor, que pena. Comunque non era un problema serio come il cancro, e infatti se ne sono andati.
Il team dei PSB ha così cominciato a montare uno scenario meraviglioso e ultralight (mostrando che il risparmio può essere elegante, se sai essere minimalista): cubi bianchi, come in un immenso Tetris monocolore e ricomponibile a iosa.
Escono Neil and Chris, e come sempre abbiamo capito che è un onore essere loro contemporanei. Lo spiego così, perché è un effetto speciale dell'anima che ho provato alcune volte nella vita, per esempio vedendo la prima visione di "Troppo Sole" di Sabina Guzzanti anni fa. E mi capita sempre con i Pet Shop Boys (tranne quando cantarono all'Alcatraz per un album acustico di cui non ricordo il nome, forse Release).
Che esista nella cultura pop un Before e un After los Pet Shop Boys mi pare evidente, lo dicono i Brit Awards e il premio alla carriera delo scorso anno dove i nostri due veggenti hanno portato sul palco ... ricordi chi? .... ricordi chi? okay, vuoi che ti dica chi? ....Lady GaGa! Già due che nel momento in cui vengono premiati perché han fatto storia incoronano un'altra, più giovane di trent'anni ne fa i miei fratelli.
E passiamo allo show, e mettiamo che a chi sta leggendo non piaccia la musica dei Pet Shop Boys. Ma citazioni, rielaborazioni e riappropriazioni culturali bastano a fare di questo spettacolo uno straordinario punto dello state of the art contemporaneo.
Tanto per cominciare le canzoni non esistono più: sono assemblate in stile Pandemonium (nome del tour). Ogni canzone diventa un'altra, non come medley ma come mash up, con la stessa imprevedibilità con cui nella playlist del computer passiamo da una all'altra. Come a dire che il modo di costruire l'identità e la cultura personale da quando il web è diventato mezzo principale di comunicazione è Pandemonium, PANDEMONIO.
Il Virtuale è ormai Reale, e ci ha modificati per sempre. E' inutile illudersi: il nuovo umanesimo è "my life in a quadratino". Siamo una citazione, un rimando, la foto tessera scelta con cura per far colpo nel profilo, nella chat. Siamo (anche, forse soprattutto) un cubetto, un pixel come gli altri e forse stiloso nel flusso d'immagini e sensazioni della rete.
Per chi come è me è cresciuto nei palazzi popolari del Gratosoglio cambia poco. Una volta un amico mi ha domandato affettuosamente "Ma come mai sei venuto fuori proprio tu dai quei 20 mq, visti frontalmente, di cemento armato?" e mi ha fatto uno dei complimenti più belli mai ricevuti in vita mia. I Pet Shop Boys di Suburbia se ne intendono, di voglia d'emergere pure.
Ecco il perché dei cubi bianchi che diventano colorati grazie alle proiezioni, e cambiano forma, e i ballerini ci salgono sopra (post reimpaginato con le insuperabili foto di Gianfranco; sono uno sfigato con le digitali e lui ha una camera più antica ma molto più efficace della mia nei notturni...)
In Suburbia quando parlano della mamma che deve fare la permanente il sabato pomeriggio, e passa l'ambulanza, e cantano "I only wanted something else to do but hang around". Fa sempre il suo bel bel poco zio d'effetto quando migliaia persone in Italia cantano una canzone in inglese. Evidente che abbiamo tutti studiato per poter uscire dalle case popolari, dal paesino ridente e dalle nostre camerette.
Lo stato artistico del concerto li rende ormai i Gilbert & George della musica pop (quando baronetti? tra l'altro a differenza di G&G non dipingono neppure stronzi e non dicono parolacce... comunque io spero MAI)
Come sempre nel pubblico c'erano milioni di ragazze: adoro il fatto che i Pet Shop Boys siano un gruppo electro ma sentimentale, femminile quanto maschile ed eterosessuale quanto omosessuale. E' come se avessero ridefinito l'uterosessualità a partire dal gayismo: ironia, understatement e distacco sono diventate con il tempo il sistema metrico decimale per raccontare l'amore di tutti noi. E con Neil e Chris sono questo stile è diventato un CLASSICO. E' una legge non scritta, ma ferreamente rispettata nel Castello Visconteo di Pavia come in tutte le venue e tutte le tournee: ai concerti dei Pet comandano le ragazze e stanno bene gli uomini che con le ragazze vanno d'accordo. E cantiamo insieme, senza paura d'apparire sensibili.
Forse per questo Fangoria, il gruppo spagnolo che regna nel mio cuore dice molto puntualmente "i PSB non sono un gruppo, sono un genere"*.
Un genere unico, e non in senso musicale: uomo e donna sono due facce della stessa cosa. Do I Have To? (Devo Proprio?, un glorioso lato b recuperato) diventa King's Cross (una canzone d'amore involontariamente diventata simbolo di un disastro ferroviario in quell'amata stazione nell'87). Ah, perché in effetti i Pet Shop hanno anche ridefinito l'Inghilterra e ciò che noi amiamo in lei, Lady Diana in testa.
I ballerini che portano sul palco l'energia che per età e per ruolo Neil e Chris non possono avere ne fanno di diversi colori: la figura più emozionante è quella delle 2 ragazze con teste a cubo che ballano il valzer. Lesbiche? No. Quando tolgono il cubo dalla testa, sono gemelle. Un po' di più, un po' di meno, o forse la stessa cose direbbe il Michel Tournier de Le Meteore.
Una grande emozione è poi stata quando sul muro dei quadratini è comparsa in proiezione pixelizzata xxxxlarge la mitica Miss Dusty Springfield (lei sì lesbica, e semisegregata per questo, unica cantante bianca a incidere per la Tamla Motown, riscoperta dai PSB per Scandal, il film sull'affare Profumo). Again, cantare insieme a tutti "What Have I Done To Deserve This?" (Cosa Ho Mai Hatto Per meritarmi Questo?") in un gioco tra passato e futuro, tra vita e morte, reale e virtuale, capriccio e destino non poteva proprio lasciare indifferente nessuno.
"Is this a riot or are you just pleased to see me?" poi (nella canzone Pandemonium) è citazione di "Quel che hai in tasca è una pistola o sei soltanto felice di vederli?" di Mae West, e quando dentro Pandemonium si fan largo musica e parole di Can You Forgive her? ossia l'invito (disinteressato ? :-) ad un ragazzo a mandare al diavolo la ragazza che lo deride di fronte agli amici perché gli piace la disco e non il rock, pensi "amore siamo qui e in nessun'altra parte".
E ad un certo punto (per dare una tempistica, i 4/5 dello show) il castello di cubetti bianchi e/o colorati va a pezzi, tirato su da corde invisibili fino a quel momento. Come dire, ieri come oggi è tutto un teatrino, per lo spettacolo e per l'identità è un cubo di Rubik costruito e decostruito grazie all'internet. Mica si che a pezzi ci vanno solo i gay, che -al limite- sono abituati a costruirsi e ricostruirsi tutto senza appoggio delle autorità.
E di seguito i ricordi del miei sapienti amici (architetti) Paolo e Fabio >>> "I tecnici del suono vestiti da scienziati in camice bianco citavano un'opera, PLAYING DOCTOR del 1993 del Collettivo GENERAL IDEA, sterminato dall'AIDS.
I ballerini vesti da grattacieli rifacevano il Ballo delle Belle Arti. New York 1931, dove più di 12 architetti fra i quali William Van Alen (Chrisler Building), Leonard Shultze (Waldorf Astoria) e A. Stewart Walker (Fuller Building) si presentarono con vestiti che riproducevano gli edifici da loro progettati. Rem Koolhaas ha inserito il Ballo nel suo libro "Delirious New York".
Poi c'era Depero, Magritte (ma questo è da sempre molto Pet, NdR) e anche TOYS, il poco cagato film di Barry Levinson che era ancor più un film di Ferdinando Scarfiotti" (bravo Paolo e Fabio, neh? Più che una coppia sembra una squadra... come Neil and Chris).
Aggiungerei un po' di El Lisitskij / Kraftwerk, che in quanto a citazione d'Europa schifo non fa mai... Anche perché ci sarà una ragione se i Pet lasciarono a loro tempo gli States dov'erano amati (e facevano soldi a palate ma dovevano per forza esser catalogati sotto l'etichetta "gay") per l'Europa. I PSB prima del Castello Visconteo han cantato di fianco al Mausoleo di Lenin, a Mosca... e da quel periodo è nata Go West, ossia la reinterpretazione dell'epopea cula '70 di Frisco secondo le indicazioni date da Quentin Crisp in un indimenticato messaggio televisivo natalizio ai giovani inglesi della Regina (ossia Quentin Crisp) da New York "My suggestion for the new year? Just pack up your things and go!".
Gli spagnoli Fangoria (che in molti aspetti sono una spora di contaminazione PSB portata dal vento dell'intelligenza a Madrid) eseguono la loro canzone più celebre, l'inno di ribellione e ormai colonna della nueva España, A Quien Le Importa, SOLO al Gay Pride di Madrid... (per dire, il ritornello "A chi gliene importa di quello che faccio e di quello che dico, io sono così, e così continuerò. Non cambierò mai" e suona molto Pet, muy Was It Worth It?).
L'anno della celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso stesso, l'hanno eseguita in coro con le Nancy Rubias in medley con It's A Sin dei Pet Shop Boys, il cui video fu girato da Derek Jarman.
E' davvero un peccato vivere una volta sola: dovesse ricapitarmi - a pare Claudio - voglio di nuovo Neil e Chis nel panorama, Olvido, Nacho e Mario. E Derek. E i miei amici che mi aiutano a capire.
venerdì 25 giugno 2010
GLI UOMINI SONO DONNE COME TUTTE LE ALTRE.
Che cosa fa la differenza? Me lo domando da sempre e da qualche anno seguo con amore la scena travestita. Mi sono domandato perché, e in tutta sincerità non credo sia un fatto di preferenza erotico/sentimentale nascosta.
Forse per reazione ai veti subiti nell'infanzia e adolescenza ma sono decisamente fissato con gli uomini maschili maschili (NON maschilisti).
Ma proprio per questo forse m'interessa e stimola quel che resta fuori dal mio universo erotico. Infatti adoro le donne, mi sembrano la parte più viva della sosietà, la loro libertà è garanzia per tutti noi, etc etc.
Va da sé (o almeno capita a me) che m'interessi anche come noi uomini evochiamo, rappresentiamo e idealizziamo la differenza femminile. E non sarò un'eccezione: l'intera storia del camp (la bugia che dice la verità), e il conto in banca di Madonna, mettono le radici in questo.
La scena spagnola è il mio campo d'osservazione preferito, una miniera d'oro personale, e ho capito con il tempo perché: apparentemente cattolici romani come noi (ma forse neopagani), neolatini come noi (ma loro a Roma vengono in vacanza), europei come noi ma decisamente più di noi.
Da loro la tradizione cross-dressing (come in tutto il resto del mondo dove l'apparenza di genere non è un semaforo) è forte. E l'abito femminile su uomo o maschile su una donna non porta necessariamente a dare per certi ruoli o gusti sessuali dell'attrice/attore. Dovremmo domandarci il perché di quest'empasse cerebrale: sarà per la presenza del Vaticano o per lasciti musulmani o per ragioni più profonde e ancestrali, tipo la vergogna e la comodità? Giovanni Dall'Orto -studioso e pensatore eccellente- dice che sbagliamo a dar la colpa alla Chiesa per la persecuzione del desiderio omosessuale... ha semplicemente messo radici in un terreno già fertile... pero vamos, è molto complesso il discorso sul perché l'Italia è "così": si fa ma non si dice, e men che meno si deve vedere).
Ridimensioniamo, dunque: ma se il travestitismo se non è invidia dell'utero è senz'altro invidia della borsetta. E in Spagna la valorizzazione delle differenze è uno sport collettivo (sotto la dittatura franchista mentre noi facevamo già Rimini e Riccione, non li risbatti nelle caverne dell'ignoranza neppure a colpi di martello). Più precisamente per me tutto partì da Alaska y Dinarama. Di Alaska e Nacho Canut parlerò un giorno più estesamente perché meriterebbero un'enciclopedia. Basti dire qui che io ho imparato lo spagnolo (mejor dicho, el castellano) per capire quel che cantava Alaska, e un giorno glielo dissi (se non altro perché trovasse risposta -nel caso- a quelle domande antipatiche che ogni tanto ci assalgono, tipo "a me, chi me lo fa fare?").
Torniamo al percorso sulla differenza e agli artisti più innovativi e interessanti della scena spagnola che Alaska indicava come sorella maggiore e come GO di un Club Med della felicità.
Così un giorno ho incrociato La Prohibida, una donna che viene dal mondo dei sogni e che in poco tempo ha rubato la scena a tutti, conquistando un pezzo del mio cervello.
Più bella della donna quotidiana, come le dissero ammmirate alcune ragazze che amano le ragazze qualche tempo fa ad una festa di Gaia360 (le chiesero "ma come fai ad essere così bella?", lei rispose minimizzando "...ma non potreste fare questo lavoro tutti i giorni!"). Amica e complice delle donne al punto che addirittura il nostro primo incontro fu un battesimo: mangiavo nel ristorante dove cantava per una despedida de soltera, ossia una festa di addio al nubilato, in quella parentesi graf dalla realtà chiamata Torremolinos). Da lì a Saturno siamo diventati amici e ringrazio i Pornflakes, il caso (che non succede per caso) e la vita.
Questa mattina mi ha folgorato un video non spagnolo (svedese, nel caso), girato nel rispetto della donna e dell'uomo e dei meccanismi che si scatenano, se per esempio una persona "differentemente vestita" cantasse tra i tifosi di football in una baita "amo tuo fratello". Diciamo che questo è l'unico Mondiale che m'interessa.
Infatti non è la Spagna è la Svezia, anzi è la vita.
Arriva da The Knife, uno sfuggente e inesorabile duo. . Non sarà forse il caso che sono fratello e sorella.
C'è qualcosa che vorremmo tutti capire su cosa sarebbe potuto o potrebbe succedere se. E forse non capiremo mai. Come cantava Amanda Lear "For me you are an enigma" (continua)
Forse per reazione ai veti subiti nell'infanzia e adolescenza ma sono decisamente fissato con gli uomini maschili maschili (NON maschilisti).
Ma proprio per questo forse m'interessa e stimola quel che resta fuori dal mio universo erotico. Infatti adoro le donne, mi sembrano la parte più viva della sosietà, la loro libertà è garanzia per tutti noi, etc etc.
Va da sé (o almeno capita a me) che m'interessi anche come noi uomini evochiamo, rappresentiamo e idealizziamo la differenza femminile. E non sarò un'eccezione: l'intera storia del camp (la bugia che dice la verità), e il conto in banca di Madonna, mettono le radici in questo.
La scena spagnola è il mio campo d'osservazione preferito, una miniera d'oro personale, e ho capito con il tempo perché: apparentemente cattolici romani come noi (ma forse neopagani), neolatini come noi (ma loro a Roma vengono in vacanza), europei come noi ma decisamente più di noi.
Da loro la tradizione cross-dressing (come in tutto il resto del mondo dove l'apparenza di genere non è un semaforo) è forte. E l'abito femminile su uomo o maschile su una donna non porta necessariamente a dare per certi ruoli o gusti sessuali dell'attrice/attore. Dovremmo domandarci il perché di quest'empasse cerebrale: sarà per la presenza del Vaticano o per lasciti musulmani o per ragioni più profonde e ancestrali, tipo la vergogna e la comodità? Giovanni Dall'Orto -studioso e pensatore eccellente- dice che sbagliamo a dar la colpa alla Chiesa per la persecuzione del desiderio omosessuale... ha semplicemente messo radici in un terreno già fertile... pero vamos, è molto complesso il discorso sul perché l'Italia è "così": si fa ma non si dice, e men che meno si deve vedere).
Ridimensioniamo, dunque: ma se il travestitismo se non è invidia dell'utero è senz'altro invidia della borsetta. E in Spagna la valorizzazione delle differenze è uno sport collettivo (sotto la dittatura franchista mentre noi facevamo già Rimini e Riccione, non li risbatti nelle caverne dell'ignoranza neppure a colpi di martello). Più precisamente per me tutto partì da Alaska y Dinarama. Di Alaska e Nacho Canut parlerò un giorno più estesamente perché meriterebbero un'enciclopedia. Basti dire qui che io ho imparato lo spagnolo (mejor dicho, el castellano) per capire quel che cantava Alaska, e un giorno glielo dissi (se non altro perché trovasse risposta -nel caso- a quelle domande antipatiche che ogni tanto ci assalgono, tipo "a me, chi me lo fa fare?").
Torniamo al percorso sulla differenza e agli artisti più innovativi e interessanti della scena spagnola che Alaska indicava come sorella maggiore e come GO di un Club Med della felicità.
Così un giorno ho incrociato La Prohibida, una donna che viene dal mondo dei sogni e che in poco tempo ha rubato la scena a tutti, conquistando un pezzo del mio cervello.
Più bella della donna quotidiana, come le dissero ammmirate alcune ragazze che amano le ragazze qualche tempo fa ad una festa di Gaia360 (le chiesero "ma come fai ad essere così bella?", lei rispose minimizzando "...ma non potreste fare questo lavoro tutti i giorni!"). Amica e complice delle donne al punto che addirittura il nostro primo incontro fu un battesimo: mangiavo nel ristorante dove cantava per una despedida de soltera, ossia una festa di addio al nubilato, in quella parentesi graf dalla realtà chiamata Torremolinos). Da lì a Saturno siamo diventati amici e ringrazio i Pornflakes, il caso (che non succede per caso) e la vita.
Questa mattina mi ha folgorato un video non spagnolo (svedese, nel caso), girato nel rispetto della donna e dell'uomo e dei meccanismi che si scatenano, se per esempio una persona "differentemente vestita" cantasse tra i tifosi di football in una baita "amo tuo fratello". Diciamo che questo è l'unico Mondiale che m'interessa.
Infatti non è la Spagna è la Svezia, anzi è la vita.
Arriva da The Knife, uno sfuggente e inesorabile duo. . Non sarà forse il caso che sono fratello e sorella.
C'è qualcosa che vorremmo tutti capire su cosa sarebbe potuto o potrebbe succedere se. E forse non capiremo mai. Come cantava Amanda Lear "For me you are an enigma" (continua)
martedì 15 giugno 2010
LA RADIO E' MORTA?
Leggo di questa notizia e mi batte il cuore. C'è qualcosa di magico, intrinseco nella natura della radio (da cui il nome del mio blog).
Parla all'anima, all'individuo e alla sua voglia di cambiare: basta pensare all'ascolto con rischio galera di Radio Londra durante la 2a guerra mondiale, a programmi di creatività incontenibile come Gran Varietà degli anni 60 o Alto Gradimento nei 70, a Radio Caroline, a Radio Alice o Radio Popolare nei 70 ed 80 e ancora oggi ai programmi di BBC Mondo.
Ma oggi dov'è finita quasta magia? Si è trasfigurata nel web? Disintegrata negli iPod?
Qualche speranza arriva dalla Spagna con Siglo 21 che fa sopravvivere la mia speranza. Ma in Italia, a parte qualcosa di Radio3, mi tocca spegnere l'apparecchio appena accendo.
L'etere è morto e lo sa.
martedì 1 giugno 2010
... MA PERCHE' CE MENANO?
Mi scrive un'amica da Zagabria: "In un paese dove durante il Gay Pride c'e' da stare attenti, dove la parola "peder" è un insulto, e durante Queer Zagreb fuori dal cinema stazionavano brutti ceffi nella speranza di menare qualcuno, dove il poster della manifestazione è stato imbrattato con insulti vari...
Arrivo un bel giorno in piazza con la mia biciclettina, e vedo... beh, ecco le foto.
Questo palo e' riservato al teatro/sala concerti Vatroslav Lisinski, praticamente un'istituzione della città, non dico la Scala ma quasi. E' l'unico in piazza, e da lì eccoti una bella suorina (magari per te un po' secca), con barba di un giorno. Non so se si vede dalla foto ma ti assicuro che la barba c'è. Misteri della Croazia... O saranno stati costretti ad adattare il poster del Metropolitan?"
La domanda ha una risposta che s'avviluppa come l'edera sulla vita. Non tanto per l'immagine della suora barbuta: avranno approfittato dell’immagine americana per dare una bottarella al senso comune. Ma perché l'hanno fatto? Nel teatro e nella cultura lavorino molti gay è noto, e immagino sappiano farsi voler bene. Ma perché molti gay lavorano nella cultura/comunicazione? Perché i gay sono "più sensibili"? Mais non, il mondo è pieno di gay burini. Semmai perché "la cultura" è il posto dove i gay (o non gay) sensibili possono difendersi. Ma come mai fuori dalla "cultura" c'è tanta paura, e al mondo c'è un sacco di gente che non vede l'ora di menare le mani contro quelli che amano le persone del proprio sesso?
Forse perché nel disegno della natura, l'amore omosessuale è una forma di perfezionamento (o anche ridimensionamento) del genere, anzi dei 2 generi. Ma troppi - e specialmente fuori dalla "cultura"- non sanno farci i conti, come il sorriso della suora dice.
Se ci sono tanti omofobi in giro, è perché hanno paura di stessi.
Per essere sicuri che il diverso resti sempre l'altro.
Arrivo un bel giorno in piazza con la mia biciclettina, e vedo... beh, ecco le foto.
Questo palo e' riservato al teatro/sala concerti Vatroslav Lisinski, praticamente un'istituzione della città, non dico la Scala ma quasi. E' l'unico in piazza, e da lì eccoti una bella suorina (magari per te un po' secca), con barba di un giorno. Non so se si vede dalla foto ma ti assicuro che la barba c'è. Misteri della Croazia... O saranno stati costretti ad adattare il poster del Metropolitan?"
La domanda ha una risposta che s'avviluppa come l'edera sulla vita. Non tanto per l'immagine della suora barbuta: avranno approfittato dell’immagine americana per dare una bottarella al senso comune. Ma perché l'hanno fatto? Nel teatro e nella cultura lavorino molti gay è noto, e immagino sappiano farsi voler bene. Ma perché molti gay lavorano nella cultura/comunicazione? Perché i gay sono "più sensibili"? Mais non, il mondo è pieno di gay burini. Semmai perché "la cultura" è il posto dove i gay (o non gay) sensibili possono difendersi. Ma come mai fuori dalla "cultura" c'è tanta paura, e al mondo c'è un sacco di gente che non vede l'ora di menare le mani contro quelli che amano le persone del proprio sesso?
Forse perché nel disegno della natura, l'amore omosessuale è una forma di perfezionamento (o anche ridimensionamento) del genere, anzi dei 2 generi. Ma troppi - e specialmente fuori dalla "cultura"- non sanno farci i conti, come il sorriso della suora dice.
Se ci sono tanti omofobi in giro, è perché hanno paura di stessi.
Per essere sicuri che il diverso resti sempre l'altro.
A PROPOSITO DI McLUHAN
Continuava un Marshall McLuhan meno conosciuto: "L'essere umano sempre più trasformato in informazione, marcia verso l'estensione tecnologica della coscienza".
Effettivamente, la rete ci libera, ci autorizza ad essere (guarda anche solo com'è cambiata la vita degli/delle "omosessuali", e la sua percezione privata e pubblica).
La condivisione assoluta del tutto ci riempie anche di scemenze e di luoghi comuni, ma forse è un bene: la relativizzazione della coscienza individuale dice la verità su quel che la razza umana è davvero, un'interessante evoluzione della scimmia.
Effettivamente, la rete ci libera, ci autorizza ad essere (guarda anche solo com'è cambiata la vita degli/delle "omosessuali", e la sua percezione privata e pubblica).
La condivisione assoluta del tutto ci riempie anche di scemenze e di luoghi comuni, ma forse è un bene: la relativizzazione della coscienza individuale dice la verità su quel che la razza umana è davvero, un'interessante evoluzione della scimmia.
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