Sono appena tornato dall’Andalusia, per l’esattezza da Estepona, il pueblo spagnolo dov’è stata in vacanza Michelle Obama e i media riportavano che era a Marbella perché Estepona non fa glamour e la ggente di tutto il mondo conosce meglio Marbella e il suo preteso jet set.
Estepona è un paese davvero particolare della Costa del Sol: differentemente dagli altri della riviera (forse perché lontana, e più vicina al Marocco che a Malaga) ha difeso ostinatamente la sua indipendenza (qualcuno dice che è un’attitudine chiusa e cateta, via di mezzo tra burino e tonto). Questo la rende un posto dove il tempo si è in qualche modo fermato, e il progresso fa la sua comparsa solo con le migliorie tecniche alla vita quotidiana (mejor dicho, quelle che gli esteponeri lasciano passare). E’ difficile da crederlo a 80 km da Torremolinos (che è esattamente l’opposto) ma è vero.
Conosco questa cittadina per motivi famigliari, ci sono tornato quest’estate e ho visto qualche spiraglio del nuovo: ben 2 sex shop, biancheria e giochi erotici (etero) in pieno centro. Ma soprattutto una cosa mi ha colpito a 2 passi dal palazzo dell’Ayunta- miento, il Comune. Mi fa pensare al senso del tempo.
In una via non molto trafficata un muro mi parlava. L’antica usanza di decorare la facciata alternando piastrelle decorative a quelle che riproducono le lettere dell’alfabeto per scrivere il nome del locale, faceva splendere ai miei occhi il nome del Cheers, un pub gay che qui ha tenuto duro per anni. Lo Stonewall Inn di un pueblo qualsiasi? Qualcosa di più e qualcosa di meno.
Anni fa, quando io e il mio compagno siamo venuti qui la prima volta – per motivi, come dicevo, familiari – cercavamo un segnale qualsiasi di presenza omosessuale, gay, come cavolo si voglia chiamarla. Da questo punto di vista, Estepona era (e resta) una tortura: se ti piace l’uomo latino da cinema neorealista questo è un Paradiso Terrestre in negativo, con un andirivieni continuo (anche d’inverno) di uomini bellissimi, con quel modo d'essere senza pretese che in Italia vediamo solo in provincia e nel Sud. Vanno a passeggio con la carrozzina del pupo o da soli, tanto bbboni da farti credere di essere capitato in un film anni '50. Ma sono veri, e del tutto disinteressati a te. Quasi fossero programmati per essere indifferenti al tuo sguardo e al tuo interesse.
A Estepona gli "omosessuali" (per la cui emancipazione e normalizzazione la Spagna di Jorge Luis Rodriguez Zapatero è esplosa come una stella di prima grandezza a illuminare il mondo) semplicemente NON ESISTONO. Continuano a latitare ancora oggi, 10 anni dopo. E i pochi che si vedono sono tanto evidenti da sembrare una parodia per salvare la maschera del perbenismo. Esattamente come negli anni del dileggio e della schiavitù, come se il ridicolo sia il prezzo da pagare per poter poi fare tutto di nascosto, basta che non si sappia. Dove il futuro fatica ad arrivare era ed è così. E la disperazione delle persone moderne o illuminate che ci vivono si trasforma presto in indifferenza o in chilometri: direzione Torremolinos, Siviglia, Madrid.
Ma allora questo Cheers cos’era? Quando ci arrivai una notte anni fa, il padrone attempato e i suoi clienti erano divertiti e sorpresi che le indicazioni di un sito web distratto o improvvisato, riprendendo qualche vecchia guida gay, facessero ancora arrivare qualcuno fin lì... ancor più 2 italiani giovani, curiosi, abbastanza piacenti.
Abbiamo passato lì diverse sere di 3 estati e ci hanno spiegato: a pochi chilometri da Estepona, sempre all’interno del Comune, c’è Costa Natura. Fu la prima spiaggia nudista di Spagna, pioniera del naturismo, oggi quasi uccisa dalla speculazione, circondata da hotel lusso giganteschi ed orribili, per la cui costruzione è stato distrutto gran parte del canneto dietro la spiaggia pubblica che permetteva dall’epoca dei nonni i giochi che i maschi più amano fare tra di loro nei canneti (soprattutto camionisti o lavoratori di passaggio che, sposati, facevano una pausa di riposo chissà perché proprio lì).
Il Cheers era stato il locale di questa divagazione della mentalità hippie nella Spagna profonda, così profonda che se spingi ancora finisci dall’altra parte. E al Cheers non andavano solo i gay, ma i gay ospitavano - forse camuffandosi tra loro - i più aperti tra gli abitanti della wonderland senza vestiti, nordeuropei o spagnoli per cui “non c’era problema”. Al Cheers abbiamo imparato a bere il Pacharan (un liquore di prugna), abbiamo visto ubriacarsi sessantenni amici dei gay dall’epoca che fu, ci siamo fatti raccontare come funzionava. Abbiamo chiesto come mai non si erano ancora suicidati in mezzo a tanta indifferenza; ci hanno risposto che se sapevi aspettare le passeggiate dei padri di famiglia alle 4 di mattina “per portare il cane” avevi di che rimandare l’insano gesto. E se proprio volevi darci dentro ad ore più normali, potevi andare appunto a Costa Natura o al parco naturale di Cabo Pino (Marbella) o nel peccato di Torremolinos.
Quello che rende la vita più bella può essere dimenticato? Ad esempio non è successo con il prete del paese, morto povero dopo aver sempre dato tutto al popolo, aiutò i Repubblicani nascondendoli durante la Guerra Civile, e non celebrò messa di celebrazione alla morte del Dittotore, come chiedevano i franchisti, con le parole "Non mi risulta sia morto nessuno di Estepona". La sua statua giustamente troneggia nel centro del paese.
E anche la cantante Rocio Jurado (quella dell'indimenticabile "Me Ha Dicho la Luna") ha una strada intitolata a sè... Temo che tutto quel che ha a che vedere con la sessualità sia un poco scomodo, e non tutti son pronti per fargli un monumento.
Ma se il Cheers non c’è più, dove finiscono gl’ideali, i sogni, la voglia di vivere di una generazione? Dove va l’energia che riempie le strade, ti fa sentire in un posto speciale, ti dà l’idea che sta svolgendosi una rivoluzione (sessuale, nel caso)? E soprattutto "facciamo storia" lasciamo il segno, sappiamo migliorare?
Mi tornano in mente i ragionamenti di Enzo Lancini, mio sparring partner di una vita, quando si lamentava dell’apparente atemporalità del desiderio omosessuale, del suo eterno ripetersi e non avere storia. Forse è l’assenza di figli a non consentire la costruzione di una TRADIZIONE? O reinventarci è la nostra distinzione, la nostra forza? Quanta colpa dobbiamo dare alla repressione e quante responsabilità alla vigliaccheria? Esiste un amore cui fa comodo non pronunciare il suo nome?
Quanta poesia c'era nella repressione e nel silenzio? E’ curioso domandarselo oggi, e in Spagna, paese che ha sorpreso il mondo aprendo la strada al matrimonio tra persone dello stesso sesso.
Del Cheers sembra non restare niente se non 6 piastrelle. Forse, come dice Claudio, il mio compagno, siamo parte di un’umanità che - indifferente all'esigenza di riprodursi, e indipendente- mente dal genere o dalla preferenza sessuale - usa cultura e stile per tramandarsi e spedisce messaggi in bottiglia sull’onda del tempo. Ci arrivano nitidi i pensieri di Mae West, Marlene Dietrich, Quentin Crisp, Marguerite Yourcenar, Andy Warhol perché sono come noi.
L’allegria di Paco e degli amici del Cheers non è scomparsa: oltre ad animare queste 4 righe, è nell’aria e si è trasformata in qualcos’altro, forse in una t-shirt di Lady Gaga. O chissà le onde del tempo cambiano percorso ed Estepona semplicemente non è riuscita più ad essere il posto giusto. Ma dovevo scriverne per evitare che i ricordi si perdano come le foto di sconosciuti in un mercatino dell’usato. Almeno accorgersi fa la differenza. E mi dà una debole speranza: che il silenzio non sia più quello di una volta.
Bellísima (y tristísima) reflexión, Pavlov. Hablar de Estepona es centrarse en uno de tantos microcosmos repartidos por España (y por más partes del mundo, sospecho), que son como cápsulas del tiempo, semillas que esperan mejores lluvias para crecer. Lo que ocurre es que, cuando la lluvia no viene, entonces se recurre a lo oculto, a las corrientes subterráneas de agua que no se ven, pero están ahí, alimentando secretamente.
RispondiEliminaEstepona avanza, pero a otro ritmo. Querríamos que fuera diferente pero entonces no se va a dejar conquistar. A veces hay que saber bajar el ritmo, observar... como tú has hecho. Baci!!
Me ilusiona mucho tu comentario, Ef. Verdad es que cuando voy a Estepona aprovecho para cortar con todo, y esperaba hacerlo tan radicalmente y por un tiempo tan largo como este año. Grazie.
RispondiElimina... e naturalmente la strada si chiama "Calle Suspiro"... ogni volta che passi, eh?
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