ci accorgiamo tutti del tempo che passa e per me ne è passato molto da quando avevo l'età di Alessandro Mahmoud e come lui crescevo al Gratosoglio. sono diventato vecchio, magari in migliori condizioni di mio padre, e ora ho un anno in più di quelli che ha potuto avere lui, l'età che permette di vedere il passato come un panorama.
so che le difficoltà forgiano la persona e che invece facilitazioni o benessere spingono a passare la vita sul divano. eppure, con tutto questo sapere, non auguro a nessuno di crescere in un quartiere dormitorio periferico come quello... è inutile stabilire se era peggio negli anni '70 quando nei prati delle case popolari costruite con materiali scadenti esplodevamo i tubi del riscaldamento. almeno intorno a quei parallelepipedi di cemento armato c'erano almeno i prati dove andare a pescare i pesci e le rane! adesso sui citofoni trovi nomi di mille e una nazionalità: difficile che s'intreccino destini e nasca qualcosa di bello se oggi come allora non ci sono neppure spazi pubblici decenti dove incontrarsi. ci si trova sulle scale e in che lingua si parla? quelli che muoiono lasciano case iperaccessoriate con i risparmi di una vita di lavoro, e come fosse una tombola capita quel che ti capita. oggi come allora i negozi nel quartiere sono 4 di numero e, altro che raccolta differenziata, la gente butta i rifiuti in mezzo alla strada. questo per dire che a Gratosoglio ci torno spesso. e a Gratosoglio ho celebrato con mia madre la vittoria di Mahmood a Sanremo qualche anno fa. so che Mahmood - madre sarda e padre egiziano - ha fatto donazioni per un campo sportivo, ci sono andato a passeggiare nell'epoca del confinamento covid-19: mi è sembrato sia servito a ben poco. comunque sia, sia io e Mahmood da lì ce ne siamo andati.
il parallelo divergente :-) tra me e questo ragazzo - ormai uomo - torna più e più volte: come lui ho costruito parte della mia carriera e del mio successo professionale su musica e intrattenimento. anche io sono figlio dell'incontro tra 2 continenti: nord e sud Italia io, madre italiana e padre nordafricano lui. anche lui dicono sia gay ma lui preferisce non parlarne mentre io sono una delle scintille che ha messo in moto la comunità lgbt xyz della città lavorando a Radio Popolare (L'Altro Martedì) e militando politicamente per consentire uno sviluppo decente dell'amore che non sapeva pronunciare il suo nome. le generazioni successive ritornano nell’armadio della discrezione o catalogo su ordinazione che è il web? l’amore come fosse il Postal Market. pazienza. e in tema di Postal Market, boutique o fiera della vanità (Vanity Fair), io sono tra quelli che negli '80 hanno contribuito alla rivoluzione del vestire (Vivienne Westwood, Jean Paul Gaultier, Franco Moschino) e mi sembra che questo ragazzo - come tutta la sua generazione - di stile e gusto abbia ben altra idea. fanno compilation improbabili e mettono marchi di lusso a certificare la loro qualità. iniziò tutto con Gucci, con Tom Ford che veniva a ballare all’Aster Dark in viale Certosa qui a Milano. da mezzo spagnolo quale ormai sono ho notato che anche la catalana Rosalia celebra Versace come campione di stile, e il giudizio su Versace lo ometto. del resto io i dischi li mettevo al Viridis e andavo al Plastic non all’Hollywood di corso Como. a Torremolinos, al Parthenon, ho visto la gente scatenarsi per "Brividi". Milano è cambiata molto da quando io vivevo a Gratosoglio a 50 metri da corso Como, in via De Cristoforis c’era la sede milanese di Lotta Continua. se mettessimo in una realtà parallela le distanze di spazio in lotta con quelle di tempo, cosa succederebbe? a Corso Como 10 sarebbero tutti/e pronti/e a un coming out collettivo definitivo?
e torno a Mahmood. mi ha fatto effetto la sua interpretazione straziante a Sanremo 2024. coraggioso. è stato uno dei pochi a colpirmi davvero insieme a Ghali da Baggio (altro dei 3 quartieri di Milano ove sono cresciuto, per via di papà). cresciuto tra operai, lavoratori, umiltà: Ghali da Baggio sembra quasi il nome di un martire, ma etero :-) nella serata delle versioni cover Mahmood ha cantato “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla, la velata numero uno del pop italiano (per ora, non abbiamo ancora scoperto il centro di gravità permanente della discrezione). Mahmood mi ha fatto pensare di nuovo: senza parlare di genocidio dall’epoca di Dalla, il Mediterraneo è una tomba molto più profonda e ci cadono persone di colore, ancora più svantaggiate di quelle che cercano di arrivare a un nome sui citofoni delle case popolari di Gratosoglio o qualunque altro porto più sicuro dell’Occidente ex colonialista. il parallelo tra me i più giovani diventano un complesso “back to the future”. non li invidio: è l'epoca internet della precarietà di giudizio, del “sì ma anche no”, del riflusso totale. il web è una via di mezzo di mezzo tra l’incanto della Divina Commedia e la testa nel cesso di Trainspotting. nei giorni di Sanremo andai a cercare il video della canzone di Mahmood su YouTube: un gruppo di ragazzi mettono in scena ansie e ricordi dell’adolescenza ballando come location un quartiere squallido qualsiasi del pianeta, in compagnia di vitelli chissà come sfuggiti al macello (liberati da uno di quei camion che si possono incrociare ogni mattina sulle autostrade, dove sono attoniti o ululanti). nel frattempo in una scuola interazionale a Nairobi (!!!) “Tuta gold” è stata una delle 10 canzoni scelte dai bambini per il loro saggio collettivo di danza.
adesso è uscito l’album di Mahmood, si chiama “Nei letti degli altri” e io lo comprerò in CD se lo faranno uscire. in preascolto su una piattaforma internet mi ha colpito la canzone “Paradiso”. parla di varie cose: (a) portare buoni voti a casa: fatto, proprio studiando al Gratosoglio la Divina Commedia per l'esame di Letteratura Italiana 1 all’Università Cattolica, 30 e lode (b) avere una vita che magari non piace e forse si sarebbe più felici su OnlyFans …ai boomer, spiego: è la piattaforma che distribuisce filmati porno amatoriali a pagamento e che sta invadendo di sesso amatoriale la Rete (c) baci sulla faccia: si danno più liberamente, a qualcosa siamo serviti (d) dell’ascensore per entrare in paradiso di spalle che sono le droghe: le ho evitate, ma vedo sulle app che quelle artificiali vanno per la maggiore e ho un amico fraterno che si è suicidato per essere caduto nelle trappole del chemsex.
"Ma che musica, che musica, che musica Maestro..." cantava Raffaella Carrà. Mahmood mi turba, m'inquieta e mi lascia disorientato, per il dolore che sento vissuto e per le labirintiche vie di autoaffermazione della generazione in cui potrei vedere miei eventuali (ma desiderati) figli o figlie.
in un giorno di pioggia primaverile a febbraio (Milano è ormai subtropicale) mi sono sembrati questi l’argomento e spunto giusto per allontanarmi dalla prigione impazzita politically correct (a suo vantaggio) di Facebook e trasformare il mio storico nick / blog Radio Pavlov (su facebook rimane solo per le canzonette) per i pensierini più complicati.
ciao a te che mi leggi.
Bravo Paolo
RispondiEliminaMio Guru.
RispondiEliminagrazie Paolo per aver raccontato ciò che era il Gratosoglio e il raffronto con la realtà dell'oggi, mi son commosso ed incazzato con lo stesso parametro... io che, per vicissitudini della vita, ancora mi sveglio la mattina al Gratosoglio....
RispondiEliminaun abbraccio ciao
Giancarlo
Ciao Paolo, sempre attento alle realtà del mondo umano e sociale!! Spero a presto, un abbraccio, Nicola
RispondiEliminaSi legge si legge
RispondiElimina❤️
RispondiEliminaÉ sempre bello leggerti, ancora meglio senza censure 😉 condivido con te la natura metá del nord e metà del sud. Babbo era venuto da Reggio Calabria a un anno e mezzo ad abitavare nelle baracche di Via Palmieri, insieme a tanti immigrati. La Gratasoglio ante literam…
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