Ho visto oggi un film "Io sono l'Amore" di Luca Guadagnino. Ero un po' guardingo perché avevo incontrato in un blog che leggo con attenzione una stroncatura a dir poco inesorabile, e l'ho invece trovato più che bello: bellissimo.
E' uno dei film più milanesi che io abbia mai visto, e cita buon cinema (ossia grandi classici: Pasolini, Visconti, Greenaway e Jarman) con una ritmica di racconto, invece, assolutamente originale.
La dilatazione/reinvenzione del tempo narrativo è molto interessante, e per me molto coinvolgente. Dà un effetto straniante a un film sulle reticenze, l'ipocrisia, la negazione e il "rimando della vita" ossia sul male di vivere in versione milanese.
Mi ha ricordato -in versione romanzata- l'ambiente che Marina Spada tratteggia in "Poesia che mi guardi", sulla vita della poetessa milanese Antonia Pozzi.
Stilisticamente è poi ineccepibile: prima di tutto nella scelta dello stile anni '30 per raccontare le origini della fortuna di famiglie d'imprenditori partite senza vergogna dagli affari col regime fascista. Poi nelle riprese delle città molto interessanti (con un paragone tra Londra e Milano che fa apparire più umana Londra!).
E poi nell'uso del tempo di racconto con la valorizzazione drammatica dei "tempi morti" (cieli, prati ecc): tutto quello che in altri film sarebbe "fuori campo" qui serve a mettere in scena di cosa si riempiono le pause e i vuoti di una conversazione educata lombarda (citando in stile il Jarman della camera a mano (e Tilda Swinton come coproduttore qualcosa significa).
Oltretutto Tilda Swinton alienata dalla milanesitudine più odiosa e logorante è davvero bravissima: narrativamente più utile (e credibile)come italo-russa che italo-scozzese come avrebbe potuto risultare più prosaicamente.
Stilisticamente è il film che Tom Ford avrebbe voluto fare, ma non è stato capace di fare. O italianamente è quel che Pappi Corsicato poteva diventare ma non fu.
E poi Milano è bellissima, specialmente sotto la neve.
grazie Paolo.
RispondiEliminahai espresso con ottime parole tue le mie sensazioni sul film.
concordo pienamente, soprattutto il discorso sulla "dilatazione/reinvenzione del tempo narrativo", la cosa che più mi è piaciuta del film.
che è anche il motivo per cui la semplicità dei personaggi, per lo più archetipi, e della storia, nient'altro che una parabola, passano in secondo piano.
quello che conta è, come dici tu, la rappresentazione dei silenzi, e devo dire che il parallelo con il film di Marina, a cui non ero arrivato, è azzeccato.
tra archetipi e stereotipi, sembra un miracolo che qualcuno riesca a raccontare una storia.
RispondiEliminae poi che bello l'amore fisico, i capezzoli di lei e le palle li lui. o la russa che ce la fa ad uscire dall'insalata grazie alla cucina col sifone. Derek è ancora con noi, e nel deserto intellettuale di Milano.
Me la apunto para verla. Estuve un tiempo alejado del cine italiano moderno, pero "La Spettatrice" (de Paolo Franchi) me devolvió la fiducia nel cinema italiano.
RispondiEliminaE che dire di Gabbriellini.........???? Non commento perchè mi manca ancora il fiato... Ma se non ci fosse stata Tilda, ci sarebbe piaciuto tanto lo stesso?????
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