lunedì 26 ottobre 2009

DI ME COSA NE SAI.


E' un film bello e intenso, che vale un viaggio fino al Cinema Mexico di Milano, l'unico in città che ha il coraggio di proiettare documentari, e scomodi pure. DI ME COSA NE SAI racconta in modo divertente e poetico, maliconico e polemico le circostanze della scomparsa del cinema d'autore italiano: perché autori tipo Liliana Cavani stanno fermi da anni? Perché è scomparso il loro pubblico? E perché mai il pubblico che vedeva film cha avevano anche un enorme successo nel mondo è scomparso?

Per coincidenza è Dino De Laurentis, produttore cha ha fatto nascere capolavori del cinema italiano, e non un comunista, a ricordarlo: con una legge oggi dimenticata un governo guidato da uno statista socialista spostava gli aiuti di stato dai film di coproduzione (e successo) internazionale ai film di capitale unicamente italiano, un'operazione che metteva a rischio bancarotta i produttori italiani già bersagliati da censura papista. E i produttori andarono a vivere all'estero, o fallirono con pellicole di stampo paesano.

Che coincidenza: erano gli anni in cui gli americani facevano di tutto per favorire il loro cinema, per coincidenza arrivava la televisione commerciale in Italia, e per coincidenza il governo che toglieva l'aria al cinema italiano era lo stesso che dava permesso alle TV Mediaset di trasmettere.

Per coincidenza ho scoperto di pensare nel 2009 quel che Federico Fellini intuiva, ossia il passaggio dell'immaginario collettivo da livelli di elaborazione del fantastico di tipo cinematografico al balbettio da pubblico televisivo.

DI ME COSA NE SAI ci mostra un Fellini furente: aveva denunciato Mediaset perché non voleva fossero interrotti i suoi film con la pubblicità, e Berlusconi gli risponde dalle sue TV con una volgarità che il tempo restituisce intatta. Gli dà del matto e fa complimenti alla recitazione di Giulietta Masina in "Ginger e Fred" con un orribile misto di maschilismo e paternalismo.

DI ME COSA NE SAI fa pensare che gli americani han puntato sul cavallo giusto. Botte piena e Italia ubriaca. Con la loggia Propaganda 2 potevano ben smettere di combattere il comunismo comperando le menti e il gradimento del pubblico: e facendo pure i soldi, vendendo telefilm alle TV e polpettoni di effetti speciali ai multisala.

Per coincidenza i programmi di Maria De Filippi oggi si registrano nei teatri di Cinecittà dove Fellini girava i suoi capolavori. E per coincidenza i telegiornali Mediaset fanno una selezione notizie con uno stile che tiene conto del gradimento espresso dalle rilevazioni Auditel.

Si racconta di un disastro poetico, ma non si chiude con una visione negativa assoluta. Su un popolo antropologicamente imprendibile come quello italiano è meglio non dare giudizi definitivi: DI ME COSA NE SAI.

2 commenti:

  1. Ho visto questo film.
    Lo si può ascrivere nella categoria dei film civili e necessari.Narra la miseria e la trascuratezza in cui il cinema di questo paese è stato abbandonato dagli anni '80 in poi.
    Il racconto diventa metafora della spietatezza e del cinismo volto al profitto e alla trasformazione dei cittadini di questo paese in una massa di decerebrati acquirenti di merci.
    Che fare? Vederlo e riflettere sul fatto che esiste un padrone perchè esistono schiavi consenzienti.
    Siamo tutti responsabili!
    Marina Spada

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  2. è stato per me stranissimo, e a momenti straziante.
    diceva le stesse cose che ho tenuto in gestazione per settimane -prima di scriverle- in "cuccuruccucu, tomorrow".
    siamo davvero tutti responsabili. vedere che pensavo le stesse cose di Fellini... quando io stesso avevo sottovalutato la potenza di "Ginger e Fred" dimostra che della chimera del moderno, del videoclip e della pernacchia gabibba (che si è mangiata la sinistra alternativa), ero stato vittima anch'io.

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