sabato 12 dicembre 2009

Diane Arbus dei Poveri: MILANO DICEMBRE 09!

Volevo farlo da anni e adesso mi sfogo: racconto quel che vedo in città, io. Diane Arbus de los pobres, ecco i riflessi belli, o inquietanti di Milano sulla mia anima. E parto alla grande: da via Solferino, paradiso ohlalà di Milano. Ecco un caduto prematuro della sagra della luce che quest'anno abbiamo in città. Dice qualcosa di noi, il Cavallo Zoppo?

Via Torino perfetta non è mai stata, ma un suo fascino ce l'ha. Almeno si muove. Ecco come un artista ggiovane ha reinterpretato un angolo rimasto alla fine della Seconda Guerra Mondiale: la banchina / parcheggio a lato di FNAC (e nel passato la Standa). A me piace: non sembra portare in scena un lato disturbato e doloroso e ignorato di Milano?

Metro 2 Lanza. Un altro artista rappresenta invece qui senza troppe manfrine -sotto il Piccolo Teatro- una grande figura e topos della nostra letteratura: la caduta. Ma lo spirito fumettaro e graffitaro pone, senza scriverla, la domanda in termini terreni e baffardi: è davvero caduta? Letturatura a parte, non si sarà davvero divertita? E' quasi un mash-up visivo: Alessandro Manzoni e il fremere della carne vs Zora la Vampira e la soddisfazione immediata del fumetto erotico anni '70. Milano punk. Destroy!


Ma è verso la periferia che si raggiunge spesso il nirvana dell'ispirazione. Alla fermata Vignoli del 14 di Giambellino una vera installazione di arte concettuale: alle 9 di mattina, 3 tranci di pizza aspettano il tram. E' un'immagine per me mistica, totemica, insensata, assoluta. Chi agisce così ha a cuore la vivacità delle nostre intelligenze, stimolata nel modo più unconventional. Anche questo è un mash-up: un Salvador Dalì reinterpretato da Lino Banfi.

E per chi non ha occhi per vedere la pizza distante da lì pochi metri, c'è una presenza fisica, un segnale della cabala caprona, un frisson spirituale, un tributo simbolico al rigore operativo della capitale del business e del fashion italiano: un frigorifero aspetta alla fermata, e vuole salire sul tram! Chiamate la Sibilla, giochiamolo al Lotto, eleggiamolo in Consiglio Comunale! Meriterebbe un servizio di Studio Aperto o anche del TG5, dopo il servizio sul colore di calzini del giudice Mesiano, naturalmente.
E domandiamoci: l'animazione culturale voluta dal Sindaco Moratti sta davvero dando nuova vita e stimolo alla città, e non solo nel privilegiato centro storico?

mercoledì 25 novembre 2009

McALMONT e NYMAN: The Glare.

This is Radio Pavlov, nel senso più vero della parola. Ovvero, disco straordinario, struggente: e mi fanno impazzire anche solo le circostanze che lo han fatto nascere. David McAlmont, talentuoso cantante inglese, da sempre ammiratore del musicista contemporaneo Mychael Nyman era stufo d'intonare melense canzoni d’amore che avevano la pretesa di sembrare sentimenti suoi (che meravigliosa critica del rimbambimento pop).

In piena crisi creativa, si lamenta su Facebook e il contatto con Nyman arriva. E con musica di Michael tocco magico Nyman, David fa il punto da moderno cantastorie sullo “stato delle cose” sul Pianeta Terra.
Prende spunto da notizie giornalistiche di ogni tipo raccontando quel che succede e lo fa in prima persona, dicendo “io”: il punto di vista è quello del protagonista di ogni storia.

Il risultato spettacolare è “The Glare”, ascoltabile anche sul sito di Nyman o MySpace, con unico difetto che le info sui pezzi non sono allegate al CD sotto forma di libretto, come ci si aspetterebbe, forse per rispettare diritto d’autore o di privacy... ma per questo i 2 usano la rete in maniera spettacolare, come fonte di documentazione prima e palcoscenico poi***).

All’Italia sono toccati ben 2 brani, uno più bello dell’altro. Lo straordinario e impeccabile IN RAI DON GIOVANNI (su un un pezzo storico di Nyman, “Mozart”) rilancia come un urlo il troppo umano smarrimento di Veronica Lario di fronte all’incommentabile comportamento del marito (visto da fuori sembra ancora più nano). E come straziante controcanto IN THE CITY OF TURIN racconta il backstage della “scopata con la negra”: una “sista” che potremmo trovare su un qualsiasi treno Milano Torino illustra lo sfascio di umanità legato alla prostituzione, di cui gli italiani brava gente siamo uno squallido capolinea eccellente. Non solo scopando, anche maltrattando le ragazze di malaffare in ospedale.

Qualcosa mi fa pensare che McAlmont e Nyman non saranno ospiti d’onore stranieri al prossimo Festival di Sanremo.

*** Per chi vuole info e link correlati ai pezzi, eccole:
http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.view&friendId=74361081&blogId=512359877

domenica 22 novembre 2009

Immagine dell'Italia.


Nessun giornale si preoccupa di scoprire e dirci come si chiama "il trans Brenda". Avrebbe detto Oscar Wilde, è l'amore di cui non osiamo pronunciare il cognome? Ed è per questo che nessuno ha protetto la testimone?

sabato 21 novembre 2009

LA POESIA CI GUARDA, E HA PENA DI NOI.



E' un film davvero unico per contenuto e struttura, da ieri su grande schermo a Milano. Spero si riesca a vederlo ovunque nel mondo, ma soprattutto è ai milanesi (e a me in quanto tale) che il film in primo luogo si rivolge.
Dice che a Milano non c'è bisogno di poesia, che non ha tempo per queste scemenze. E che Milano se ne frega senza neanche metterci troppa cattiveria, come se l'indifferenza fosse -nel positivo e nel negativo- il tratto distintivo dello stimmung di quest'operosa città, la stessa che riesce a cacciare sottoterra o trasformare in fogna qualunque corso d'acqua o laghetto. Eppure della poesia c'è bisogno, e mandarla sottoterra può solo far marcire le fondamenta o le cantine come infatti l'acqua fa, a Milano.

La poesia è medicina sociale, e insieme l'unico modo per esprimere il senso più personale dalla vita. Il film lo argomenta con una struttura narrativa articolata, onesta e inquietante dove si integrano 3/4 piani diversi.
C'è innanzitutto la ricostruzione della visione poetica di Antonia Pozzi, attraverso le sue parole: una ragazza benestante che nell'Italia prefascista vedeva e sentiva cose inadatte a una brava ragazza. Vederla nelle foto o filmini con amici e familiari, sapendo che è lei ad aver scritto quelle poesie o fatto quelle foto, lascia davvero senza parole. C'è poi la diffusione militante di poesia da parte del Gruppo H5N1, giovani universitari. E c'è la ricerca di Maria, la cineasta che rappresenta il punto di vista della regista e stimola il raccordo tra i diversi piani, con un'intensa riflessione sulla possibilità di espressione femminile.

E soprattutto c'è Milano che prosegue, giorno dopo giorno, in non si capisce bene che cosa: indifferente ad Antonia, a Marina Spada, a me che scrivo e a chi legge. Indifferente alla vita che ospita.
Alla vigilia dell'Expo (raccontavano ieri sera al cinema Mexico) un film che dà visibilità a Milano attraverso una delle sue voci più belle, ha dovuto pagarsi tutto: ad esempio il noleggio del tram utilizzato nelle riprese per portare la voce di Antonia in città, le riprese in Metropolitana, e addirittura la presenza nella Biblioteca Braidense dove Antonia andava con le amiche.

Davvero patetici i funerali pubblici piagnoni per Alda Merini: se il Paradiso esiste, Alda starà facendo pernacchie in direzione Navigli, insieme ad Antonia. RIFAMMI DEGNA DI TE, POESIA CHE MI GUARDI.

martedì 10 novembre 2009

POESIA, CHE MI GUARDI ?

"Poesia poesia, sembra che non ci sia", e mi torna alla mente una canzone kitsch di Cocciante interpretata da Patty Pravo. Per parlare di un evento cui tengo molto: al Cinema Mexico (sembra che vada al cinema solo lì!) arriva POESIA CHE MI GUARDI di Marina Spada.
Oltre ad essere un film documentario molto bello (pare), innovativo nella struttura narrativa (la poesia dà i ritmo narrativo), riporta tra noi Antonia Pozzi, poetessa e fotografa: una tre le voci più originali del '900 -e non solo italiano-.

Dicono che la creatività femminile nella storia offre pochi esempi: ti credo!
Se eri Saffo trovavi o no nel medioevo monaci disposti a non copiare le tue poesie e distruggere gli originali? Ugualmente, negli anni '30 A MILANO (non in Swaziland) Antonia Pozzi pur essendo una ragazza BENESTANTE si è suicidata: i suoi stessi amici e coetanei le dicevano di lasciar perdere: querula o "troppo femminile"... come se "femminile" fosse un insulto!

Sono amico e fan di Marina Spada: sarò orgoglioso di vedere dove ha portato il suo sguardo discreto e inesorabile dopo l'incantevole COME L'OMBRA.

"Per riflettere sulla poesia e sulla sua necessità", dice l'invito al Cinema Mexico. Tema attualissimo -direi- dopo la morte di Alda Merini. Che ricordo ancora anni fa, seduta per gioco alla cassa della libreria Chimera Magazine di via Cicco Simonetta, appena rientrata a Milano. Burbera, fin antipatica. Magnetica, polemica. L'incongruenza della sua figura con i funerali nel Duomo e la camera ardente in Comune mi ha fatto pensare proprio ad Antonia Pozzi, o ad un altro uccellino troppo fragile per i tempi in cuiha vissuto, Liseli Marazzi Hoepli che la figlia ha celebrato in UN'ORA SOLA TI VORREI.
Tre vite drammatiche di donne della stessa città, la mia, Milano: sarà mica un posto che con la poesia ha un rapporto drammatico?

Forse le donne che non giocano al ribasso ci invitano a distogliere l'attenzione -anche solo un'ora- dall'omologazione e andare oltre il tempo: POESIA CHE MI GUARDI.

sabato 31 ottobre 2009

Quel Fastidio Chiamato Donna.

Parlo come uomo, e in tutta sincerità: la cosa più bella, ma anche la più spiazzante, è la differenza che le donne portano nella vita. E' un punto di vista che s'impiega una vita a capire, e una vita non è abbastanza. Dalla notte dei tempi quello che le donne non dicono o dicono (quando le lasciano parlare), continua ad avere il suo bel che d'imprevedibile.

E adoro le donne in ruoli di responsabiità: la loro presenza apre alla Ragione nuove strade, è un elemento che non si riesce a inquadrare secondo le logiche dei maschi. Sono più inclusive, più lungimiranti e più modeste. Mi ha incantato, per esempio, l'intervista con cui la Presidenta del Cile, Signora Bachelet ha annunciato che non si ricandida: ha altro da fare, e ha già dato. Pochi uomini sarebbero altrettanto distaccati.

Mi piace insomma ascoltare le donne, e per educazione familiare (mio padre!) sono portato a domandarmi, quando non sono d'accordo con una donna, se è davvero divergenza d'opinioni o una variazione libera nel campo della misoginia.

Cioè, anche a me talvolta tocca i nervi un'osservazione o un modo di fare proprio a partire da "quella" ineffabile incomprensibilità... e devo ammetterlo: ogni uomo prova il Fastidio della Donna.

Finché sta tra i fornelli e gli orchi possono ammazzarla nell'intimità domestica, bene. Ma se avrebbe l'intelligenza per diventare Presidente della Repubblica (Emma Bonino), o riesce a diventare Presidenta della Confindustria (Emma Marcegaglia), la si ignora.

Sto seguendo e apprezzando molto i richiami alla serietà nazionale di Emma Marcegaglia. Per posizione personale e familiare potrebbe - come dice la mia amica Daniela (imprenditrice anche lei) - passare il suo tempo a spazzolare i levrieri afgani. E invece no: eccola, a settimane alterne, ricordare che le banche devono concedere prestiti o gestire i rapporti creditizi guardando in faccia le persone e non i fogli di carta, che gli sgravi fiscali sono possibili se si taglia la spesa pubblica improduttiva ...o ancora di più "Questo paese ha bisogno di tornare ad essere un paese serio". Chissà perché m'immagino che mentre lei s'impegna a dire cose così sensate, i maschi pensino ai tagliolini al limone che sbaferanno di lì a poco.

Meno male che il mio terzo idolo femminile non si chiama Emma anche lei, ma Mercedes: la Señora Bresso, miracolo laico e Governatora del Piemonte di cui -foss'anche solo per lei- vorrei ancora essere cittadino. Uh, come si difende bene alla sola possibilità che non la ricandidino perché -ohibò- non piace all'UDC (per me, una vera onoreficenza).

Per auspicio alla comprensione della Donna ecco il link a un'affascinante mostra, a Parigi fino a Maggio prossimo, MADAME POMPIDOU <<< Mamma, ho imparato a fare i link!

mercoledì 28 ottobre 2009

ZONA MELMA: Lapo, Patrizia, Piero, Natalì, Brendona. E Coso Signorini.


Qualcosa si può dire a proposito della vicenda Lapo di qualche anno fa e l'affare Marrazzo. Queste due marmellate del T'incul Pop mediatico nazionale mettono in luce, e speculano su oceani d'ignoranza: la differenza tra persone transessuali e persone transgender o cosa spinge ad alcuni comportamenti omosessuali, in particolare da parte di chi ha bisogno che l'altro uomo porti la parrucca.

Come uomo che ama gli uomini, non è il mio stile e adoro i travestiti per la loro verve spettacolare. Ma cerco di capire, con rispetto, perché siamo in piena "zona ombra", quella parte della coscienza dove comanda il Desiderio, con cui ognuno fa i conti come può (e su cui le religioni speculano).

Immagino che la parrucca dell'altro possa essere un divertente alibi per alcuni (che magari criticano il Gay Pride in quanto volgare).
Ma non apprezzo certo che questi maschioni cercano la compagnia di transessuali costretti per necessità a mantenere ciò di cui farebbero a meno...
E a giudicare dai numero di trans brasiliani attivi in Italia, questi uomini in Italia sono un esercito. Come conferma in un libro bellissimo letto anni fa, "Princesa" (che ha ispirato anche la canzone di De Andrè), Fernanda Farias De Albuquerque, racconta che per chi viene come lei da un inferno machista (il Brasile), l'Italia è il paese di Bengodi, visto il numero di maschi che vogliono l'attrezzo attaccato a una persona d'immagine femminile. Credo si tratti di rappporto irrisolto con la madre o qualcosa del genere. Zona paludosa, dove se piove è un inferno.
E più che incomprensione, provo rabbia. Trovo che un "capriccio del desiderio" borghese (o l'incapacità di mettere a registro il proprio desiderio) speculi sulla debolezza dei più poveri: e se le brasiliane per povertà ignoranza o altro fomentano il Circo Barnum della confusione, è appunto "zona ombra" che diventa zona melma peggiorata da povertà o ignoranza o necessità.

Il caos generato è anche un insulto per le/i transessuali o transgender che vivono con dignità e riservatezza il proprio destino e chiedono rispetto. Speriamo se ne stiano tranquilli/e nella loro nuova identità anagrafica, indifferenti a questo troiaio.

Il finale delle due storie poi, è la cosa più deprimente. Come il bambino viziato che si libera di un giocattolo rotto e lo butta via, anzi finge che non era il suo.
Nel caso di Lapo, saremmo diventati tutti più ricchi con un "grazie!" del prestigioso ereditiero alla Patriziona che l'ha salvato.
Lapo avrebbe messo a tacere le voci che dicevano fosse arrivato all'ospedale in reggicalze pure lui, che frequentava "quelle persone" da tempo... E altro che il marketing alternativo di cui si occupa ora: avrebbe dato al Paese un lezione di generosità e civiltà. Ma una scusa riesco a trovarla: forse non l'ha fatto perché FIAT è stata ricattata, e i giochi erano più grandi di lui.

Il Governatore del Lazio invece, sedicente padre modello che pagava cifre esorbitanti per prestazioni abbastanza comuni, poveretto. Nel tentativo di salvare la sua reputazione si faceva ricattare (senza denunciarli) da Carabinieri trasformati in delinquenti (informati dalle trans?) che lo avevano filmato nudo, con la camicia...
Vada pure in un Monastero a pregare. Lui i ricatti li ha subiti senz'altro.

E i due casi sono uniti: da chi? Da Silvio Berlusconi e Coso Signorini!
Sono il Proprietario e il Direttore del settimanale che pubblicò l'intervista alla Patrizia di Lapo. Il Presidente del Consiglio e Proprietario della Rivista quella volta non ne seppe nulla, ma stavolta -perché si pensava che nel filmino ci fosse lui- avverte il Governatore del Lazio che aver visto il filmino con la Brendona... che gentiluomo!!!

E' il caso di dire: la Rivista ("Chi", nel caso) è al potere.
E si usano strumenti della Rivista, la "cultura" del Bagaglino o dei film di Pierino per aspergere di Zona Melma la realtà. Non sfugge in questo l'operosità di Coso Signorini.

E questa è la camera di consiglio del Presidente del Consiglio. Un ruolo svolto davvero alla bassezza della situazione.

lunedì 26 ottobre 2009

DI ME COSA NE SAI.


E' un film bello e intenso, che vale un viaggio fino al Cinema Mexico di Milano, l'unico in città che ha il coraggio di proiettare documentari, e scomodi pure. DI ME COSA NE SAI racconta in modo divertente e poetico, maliconico e polemico le circostanze della scomparsa del cinema d'autore italiano: perché autori tipo Liliana Cavani stanno fermi da anni? Perché è scomparso il loro pubblico? E perché mai il pubblico che vedeva film cha avevano anche un enorme successo nel mondo è scomparso?

Per coincidenza è Dino De Laurentis, produttore cha ha fatto nascere capolavori del cinema italiano, e non un comunista, a ricordarlo: con una legge oggi dimenticata un governo guidato da uno statista socialista spostava gli aiuti di stato dai film di coproduzione (e successo) internazionale ai film di capitale unicamente italiano, un'operazione che metteva a rischio bancarotta i produttori italiani già bersagliati da censura papista. E i produttori andarono a vivere all'estero, o fallirono con pellicole di stampo paesano.

Che coincidenza: erano gli anni in cui gli americani facevano di tutto per favorire il loro cinema, per coincidenza arrivava la televisione commerciale in Italia, e per coincidenza il governo che toglieva l'aria al cinema italiano era lo stesso che dava permesso alle TV Mediaset di trasmettere.

Per coincidenza ho scoperto di pensare nel 2009 quel che Federico Fellini intuiva, ossia il passaggio dell'immaginario collettivo da livelli di elaborazione del fantastico di tipo cinematografico al balbettio da pubblico televisivo.

DI ME COSA NE SAI ci mostra un Fellini furente: aveva denunciato Mediaset perché non voleva fossero interrotti i suoi film con la pubblicità, e Berlusconi gli risponde dalle sue TV con una volgarità che il tempo restituisce intatta. Gli dà del matto e fa complimenti alla recitazione di Giulietta Masina in "Ginger e Fred" con un orribile misto di maschilismo e paternalismo.

DI ME COSA NE SAI fa pensare che gli americani han puntato sul cavallo giusto. Botte piena e Italia ubriaca. Con la loggia Propaganda 2 potevano ben smettere di combattere il comunismo comperando le menti e il gradimento del pubblico: e facendo pure i soldi, vendendo telefilm alle TV e polpettoni di effetti speciali ai multisala.

Per coincidenza i programmi di Maria De Filippi oggi si registrano nei teatri di Cinecittà dove Fellini girava i suoi capolavori. E per coincidenza i telegiornali Mediaset fanno una selezione notizie con uno stile che tiene conto del gradimento espresso dalle rilevazioni Auditel.

Si racconta di un disastro poetico, ma non si chiude con una visione negativa assoluta. Su un popolo antropologicamente imprendibile come quello italiano è meglio non dare giudizi definitivi: DI ME COSA NE SAI.

giovedì 22 ottobre 2009

CUCCURUCCUCU, TOMORROW.


E' in vendita un nuovo disco di Amanda Lear, e allo stesso tempo si può ascoltare in anteprima un pezzo "civile" dal nuovo lavoro di Franco Battiato. Radio Pavlov non è sorda, e ne approfitta per scrivere di politica e dell'Italia. Due benchmark, due facce popolari della scena italiana, due illusioni necessarie per me mi spingono a scrivere dell'Italia che è, che non è stata, che chissà se sarà.

Amo Amanda Lear, ma è un buco nero (per me) la sua partecipazione a N programmi pattumiera della TV commerciale italiana. In Inghilterra aveva David Bowie, Bryan Ferry e Brian Jones; in Spagna Salvador Dalì, in Francia recita a teatro, qui -oltre a cantare Tomorrow coi CCCP (l'ho vista quasi nuda, in un abito a rete, ricevere sputi punk sul palco d'un Festival dell'Unità con Giovanni Lindo Ferretti)- riusciva a fare Il Brutto Anatroccolo.

Franco Battiato che ho sempre apprezzato (soprattutto ai tempi di Ethika fon Ethica e Il Silenzio del Rumore), e ha avuto una stagione d'impegno (come me) nel Partito Radicale, invece oggi sbotta e la canta tutta http://xl.repubblica.it/dettaglio/79118.

***

Non viviamo in una dittatura, ma in una pervasiva e gentile paranoia pulviscolare, una nebbia elettronica che riempie e sporca l’aria che respiriamo. Anzi le dà senso.

E’ la P2 che ce l’ha fatta a smetterla coi mitra, con l’infiltrarsi nell’estrema sinistra o mettere le bombe sui treni (non serve più). L’abilità è stata lavorare sugli istinti, le pulsioni e disinnescare la ragione.
Pensare, a cosa serve? Bisogna divertirsi!!!

E’ una forma d’ipnosi che usa stile e seduzioni della pubblicità*, confonde serio e faceto, distrugge il senso comune (ma potenzia il razzismo paesano!): è il quieto vivere venato d'isteria del villaggio globale. Tanti problemi, soprattutto inventati. E la domenica, a Messa!

Davide Mengacci ha fatto per anni le prove generali: nelle feste di paese su Rete4 ha detto a tutti “la tua erba è la più verde”: il fascismo è un joker gentile dai capelli impossibili. Questo è poi diventato il popolo della libertà: razzisti del bar sport a nord, collaborazionisti di mafia a sud ed ex fascisti che dimenticano il loro storico senso dell’ordine al centro. Anche quello, non serve più.
L’importante, anzi l'essenziale è che non votino mai gl’immigrati: lavorino, e zitti! Oppure che affoghino nei loro barconi! E chiamiamo extracomunitari anche quelli che ormai sono europei quanto noi. E potrebbero venir qui tutti.

Quand'ero bambino sognavo che arrivassero gli stranieri (o tanti negri!) a rendere più allegro Gratosoglio (quartiere squallido ove vivevo). E quando tornavo a Milano dai primi viaggi di lavoro all'estero, anni fa mi sembrava di viaggiare indietro nel tempo... Lì siamo rimasti! Adesso che "gli stranieri" ce li abbiamo, non sappiamo cosa farcene, e inventiamo sagre della polenta morta per sentirci soli come prima.

E’ un’Italia neotribale, nutrita di orgoglio paesano (un trito mix di pregiudizio "dalla parte della ragione", presunzione da arricchiti, e fashionismo da ex tamarri) in una nazione che è tale solo per contiguità geografica. A partire agli anni '50 del secolo passato unita a stento dalla TV pubblica, e tenuta insieme adesso da quella commerciale per vendere cibo aspirational per cani e gatti). Uè, spendere è bello, a studiare si fa fatica... E poi a cosa serve?.

La destra (con troppa sinistra era sinistramente zitta) ha lavorato sulle tenebre per negare il negativo e annullare la fatica di vivere a favore del tempo libero: BISOGNA DIVERTIRSI!
Il tocco magico, il lievito aggiunto dalla medusa in politica è stato trasformare l’invidia in emulazione per far pensare a tutti: "Io non sono un sfigato". Grazie al gioco a premi e all’esibizione della bellezza, è arrivata la vergogna della povertà e dell’umiltà.
Non esistono più gli operai, i poveri, non esiste neanche più la tristezza.

E nel teatro stravolto del benessere esibito, tutto si confonde: in prima linea gli onorevoli, i ladri, le puttane, gli evasori: se sono furbi, che male fanno? Lo faremmo tutti! Insieme a loro mettiamo anche i bambini al luna park, i calciatori e le mogli ballerine, le estetiste, le vecchie che cucinano il pollo con l'Antonellina... e la vita è finalmente una telenovela che guardiamo mentre ci facciamo una lampada UVA.

Soprattutto ODIO PER CHI NON CI CAPISCE!!! (chiamiamoli comunisti, per non sprecare fiato e fantasia): creano problemi alla "nostra" felicità, all'unico stato dell’esistenza riconosciuto dal bingo massone endless e spensierato.

Quando serve, alzare un po’ la voce. Pulsioni atavismi rancori. E patiboli mediatici. Sbattere in galera Wanna Marchi (che a differenza di tanti vendipentole divenuti Onorevoli o Senatori era solo visibilmente una kolossale Stronza), eliminare il Direttore del giornale cattolico che criticava il governo ma forse era fufi, ridicolizzare il Giudice che ha condannato l'azienda del Presidente del Consiglio: ha i calzini di colore orrendo, va dal barbiere = è volgare! E all'Onorevole che forse va con le trans, cosa piace? Il manico? la patatina finta?

E’ l'esaltazione elettronica neotribale: con una violenza solo verbale (ma chissà se gli togliessimo l’osso dai denti, o togliessimo i circenses).

E la Bellezza è maschera e garanzia di Verità, Onestà, Correttezza. E' il Made in Italy amooooreeee, anche Stefanoe Domenico votano Silvio e lo invitano alle feste. Filosofia Loren, e il manicheismo diventa manicure.

Per quanto riguarda la cultura, tranquilli: il M'incul Pop è democratico. Mondadori, Electa, Einaudi, Rete4 e i film di Woody Allen sono nelle stesse mani (basta che funzioni, appunto). Gramsci servono daripiano alle friggitrici. E anche D’Alema scrive per le case editrici del "nemico", che foraggia le Iene, lo Zelig e il Gabibbo.

*Anni fa un mio amico e “fratello maggiore”, Enzo Baldoni, m’invitò: “Devi assolutamente vedere un film che mi sono distrutto per avere, e proietteremo qui a Milano. E’ un film sul pensiero di Noam Chomsky”.

Allora non conoscevo Chomsky, non sapevo che disastro ci aspettava. Adesso Enzo non c’è più, e di queste cose Chomsky già parlava. La fuffa, come premio e consolazione.

L’Italia non è un caso isolato, ma un esperimento riuscito. Mentre i compagni disprezzavano le canzonette e vendevano libri Einaudi senza leggerli troppo (o leggendo solo quelli, senza ascoltare le canzonette), Berlusconi sulle canzonette ha costruito un futuro di ricchi premi e cotillon ("Voulez-vous un rendez-vous, tomorrow?", e s'è comperato l’Einaudi. Cuccuruccucu.

ADESSO, QUALE BONIFICA E’ OGGI POSSIBILE?
CURIAMOGLI IL GIARDINO, DAI...

mercoledì 7 ottobre 2009

BRAVO ZUPPERMAN!




Davanti a una di queste foto mi viene in mente la barzelletta dei Carabinieri che, vedendo Zorro sulla montagna fermare delinquenti con un'agilità a loro impossibile, lo applaudono "Bravo Zupperman!". Ma queste foto fanno ridere meno di una barzelletta sui Carabinieri...

Tale Pasquale Putignano, 28 anni e palermitano, spera di trovare lavoro nel mondo dello spettacolo, e per farsi notare a questo scopo ieri si è nuovamente piazzato davanti alla residenza romana di Silvio Berlusconi.

Il problema non è se in Italia ha più ragione (o carisma) la destra o la sinistra, ma il fatto che antropologicamente il paese è in stallo, se son in piena regressione allo stadio infantile e forse tornerà allo stato fetale (ancor più, sì all'aborto!).

Il problema è che la sinistra italiana (guidata da campioni come D'Alema o Veltroni, che mentre il mondo cambiava -nei '70- erano chiusi nelle sacrestie della FGCI) ha permesso che Berlusconi prendesse in mano tutti i valori dell'intrattenimento popolare, attraverso la televisione privata. Né D'Alema -che per Mondadori scrive- ha fatto la legge sul conflitto d'interessi.

Al punto che oggi Iva Zanicchi è un eurodeputato, Gerry Scotti un Senatore della Repubblica, le donne che vendono il loro corpo vogliono diventare almeno Consiglieri Regionali e Mike Bongiorno sembra quasi un martire di sinistra.

Guardate il bel Pasquale: non gliene frega nulla del Lodo Alfano, lui vuole andare ad Amici, diventare uno starletto, e mette in mostra la sua virilità nel costume aderente di Superman. "C'è posticino per me?" sembra dirci.

Il "problema italiano" non è la risibilità umana e politica di Berlusconi, ma il fatto che non ci fa neppure pena. La sua TV privata ha cencellato la soglia di decenza, pudore e vergogna; gli ex cafoni di Ignazio Silane vivono secondo il Vangelo de L'Oreal, determinati a sarebbero disposti a qualsiasi pagliacciata per diventare comparse. Metà profezia di Pasolini, metà di Andy Warhol.

E non abbiamo né kryptonite né medicine miracolose per trattare Pasqualino.

mercoledì 30 settembre 2009

Le Nozze di Sodoma.


C’è un libro che invito a leggere perché parla in maniera laica di un tema su cui anch’io non sapevo cosa pensare esattamente (vorrei mai sposarmi?), e perché è un gran bel libro.

Qualche mese fa m’hanno invitato a presentarlo alla meritevolissima libreria Shake (dove ogni tanto faccio un po’ di agit-prop sulle tematiche glbt e xyz) e prima di quel momento mai avrei pensato di leggere un libro scritto da un docente di Diritto, più precisamente di Filosofia del Diritto all’Università di Bergamo.
Ho letto il libro non d’un fiato, ma al contrario trattenendolo per aumentare il piacere: prendendo tutte le pause possibili per apprezzarlo senza sprecarlo, cercando di non finirlo subito, ridendo sul tram come un matto, amando sempre più pagina dopo pagina l’autore che ancora non conoscevo, Persio Tincani.

Il libro si chiama “Le Nozze di Sodoma – La morale e il diritto del matrimonio omosessuale”, ed è edito da l’Ornitorinco edizioni (nome d’animale che risveglia i miei ricordi di bambino maniaco di zoologia e animali rari).

Alla presentazione, oltre al meraviglioso Persio (no è il mio tipo, parlo d’intelligenza e simpatia), c’era anche l'adorabile Franco Grillini, titolato più di me a parlare sul tema e persona che, se non avete mai visto live, v’invito a seguire: è uno spasso per senso dello humour, puntualità e una capacità di argomentare inesorabile, puntellata di surreale preso dal quotidiano.

Non si raccontano i libri, ma l’effetto che ti hanno fatto almeno sì: e questo libro mi ha liberato, rendendomi cosciente di un trauma primordiale.

Mi ha rivelato (e reso furente per) una discriminazione che avevo sempre intuito ma a cui non avevo dato contorni precisi, per omofobia introiettata e per la disistima con cui veniamo storditi noi uomini che amiamo gli uomini e donne che amano le donne.
Il fatto stesso di chiamarci qualcosa-sessuali (eterosessuale è una definizione data solo per ratificare la differenza, a nessun genitore salterebbe in mente di dire al figlio “Come sono felice tu sia eterosessuale…”) e il nostro letto è subito in piazza.
Se siamo uomini s’immagina che lo prendiamo o lo mettiamo nel culo, in spregio a qualsiasi rispetto ed educazione, mentre –ovviamente- gli etero invocano privacy anche quando sono satrapi di 70 anni che vanno con una sedicenne.

Dice Persio “La discriminazione è possibile a patto di introdurre in via preliminare un’asimmetria cognitiva: tu non puoi sapere nulla della mia vita intima ma io posso sapere tutto della tua”: e parte così la distruzione della nostra “normalità” e intimità, quando normali non possiamo più essere perché siamo la cosa dal nome vergognoso. Né ci si può chiamar fuori definendosi mellifluamente (pateticamente) “omoerotici”, “omofili” o come si usava negli anni ’30 “uraniani”: il marchio a fuoco sulla coscienza è stato fatto, e se ti metti in pubblico è a tuo rischio e pericolo. Dunque meglio chiudersi in casa come gli amici gay del Ministro delle Pari Opportunità Maria Rosaria Carfagna che la rassicurano esibendo una lingua da cocker che “la discriminazione non esiste più”.

“Le Nozze di Sodoma” ha tanti momenti forti, come quando difende la liceità e la bellezza dei Gay Pride da coloro che li giudicano pacchiani: nessuno vieta il Carnevale o i raduni degli Alpini anche se ridicoli riescono ad esserlo altrettanto. Racconta l’odiosa formazione dell’idea di diversità, e smonta le basi della discriminazione, in maniera ancora più precisa e amabile perché Persio non è gay. Dunque non è autodifesa: dare valore all’amore omosessuale e proteggerlo è civismo.

Riporta l’articolo 3 della Costituzione “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” e fa notare che non esclude le coppie dello stesso sesso dai benefici del matrimonio: dice precisamente che il matrimonio è la forma naturale di società che due persone si danno.
A meno che “natura” significhi frizione genitale a scopo procreativo: cosa che non può essere per persone dotate di raziocinio. Altrimenti dovremmo sciogliere forzatamente i vincoli matrimoniali delle coppie uterosessuali sterili e costringere i due malcapitati contraenti a rimediare all’errore di Natura e copulare con altri per rimetterli in posizione nella catena di montaggio riproduttiva che ci omologa ai conigli o criceti in gabbietta.

La Natura è un’invenzione letteraria, una convenzione che cambia da cultura a cultura di epoca in epoca: solo le religioni (e vieppiù quelle monoteiste col dio padre e il prete carabiniere che lo rappresenta) usano questa cianfrusaglia per cementare il loro rapporto con i fedeli facendo leva sulla paura.

E la regina delle paure è la paura della sessualità, il timore di scoprire il piacere altrui, vedere cadere quel monumento di cartapesta che è la propria identità. Per il timore che “magari ti piaccia” devi demonizzare gli omosessuali, bollarli e chiuderli in un ghetto verbale e morale. E non vedere, non riconoscere… (anzi nel caso, meglio ridicolizzare) il loro amore pur così resistente alle avversità.

Scritto da un anarchico come Persio, “Le Nozze di Sodoma” ha fatto di me un cittadino migliore (almeno migliore di prima) perché a guardar la civiltà in cui viviamo al momento e i politici di questa convenzione geografica chiamata Italia viene il mancamento.

Ci sarebbe da raccontare in questo senso un’appendice horror: la seconda presentazione del libro, alla Festa del PD di Milano.
Nella zona dibattiti della Libreria si confrontavano sui temi del matrimonio e della genitorialità omosessuale le varie correnti del partito (quella di Ignazio Marino e Bersani, la mozione Franceschini non era neppure presente all’incontro) con alcuni scrittori e i loro amici. Il rappresentante della lista Bersani ha detto –sminuendo il fatto quasi fosse una spiacevole e inevitabile tassa da pagare- che la presenza nel partito di centrosinistra della poco onorevole e omofobia Paola Binetti è frutto di una pressione/ricatto dell’Opus Dei sul partito.

Ma appunto, siamo nell’horror che viviamo tutti i giorni: forse è meglio leggere un libro.

mercoledì 23 settembre 2009

Ricomincio da Walt (non Disney).


Da quanti gggiorni non scrivo? Quasi me ne vergogno. Per umiltà, penso dunque di non poter ripartire da me, dalla trasferta di lavoro in Guadalupa o dalla Prohibida.
Prometto di scrivere presto, so già su cosa: un post su "Le Nozze di Sodoma", libro di Persio Tincani.
E mando a tutti come augurio il mio page-a-day del giorno.

T
his is what you shall do: Love the earth and sun and the animals, despise riches, give alms to everyone that asks, stand up for the stupid and crazy, devote your income and labor to others, hate tyrants, argue not concerning God. . . .
walt whitman

domenica 30 agosto 2009

MISTERO BOFFO




questa storia di outing maldestro, in malafede e peggio gestito, vista con gli occhi di uomo che ama gli uomini senza troppi problemi, scatena in me vari sentimenti. un va e vieni di sensazioni sul tema “quel che si deve/non si deve dire” (e non perché ci sia peccato, o per moralismo, ma per rispetto del peccato altrui).

mi torna in mente una massima letta tempo fa “la pornografia è il sesso degli altri”: quel che non rientra nel nostro campo visuale o approviamo, pratiche e comportamenti amorosi altrui, può ben infastidirci, ma dobbiamo combatterlo solo quando limita direttamente la nostra libertà o infrange la legge.

guardo sul web la foto del direttore de L’Avvenire in 2 modi: come quella della vittima di uno spiacevole "incidente di percorso" e allo stesso tempo omologandola a un quadratino del bearwww (o altro sito di cucco), e provo tenerezza.

penso che "noi gay" (in questo caso la definizione ha senso), in un’ipotetica conversazione sul tema, avremmo detto di lui "è una velata!" oppure "è una criptochecca" (se pensavamo per conoscenza diretta o gaydar che lo fosse), e magari avremmo anche sboffato (ha ha ha), ma l'attenzione sarebbe finita lì (poi se il tipo piace, c’è la speranza di farselo in qualche oscura e coincidentale occasione). quelli più antipapisti avrebbero forse aggiunto “…fa anche le prediche, come la Benny sixteen! che sfacciata...” (sempre essendo sicuri che lo sia).

oppure oppure oppure avremmo pensato (se sapevamo o pensavamo NON lo fosse) che frocio era quello che lo additava. e di omosessualità putrefatta e trasformata in omofobia qui ce n’è senz’altro.

invece la cosa è pubblica, e Vittorio Feltri non ha perso un'occasione per star zitto: ha mostrato come parlano e costruiscono consenso quelli come lui: infamando e irridendo gli altri.

questa è peggio del carrousel di escort e veline su aerei delle Stato; il giornale di Papi ha infranto la regola aurea dell’Italia in tema di omosessualità “la parola maledetta resta in bocca a chi l’ha detta”; puoi far tutto quel che credi, con la moglie che fa finta di niente, e siamo uno dei paesi più froci al mondo MA NON BISOGNA DIRLO…e peggio ha tirato dentro il Vaticano!

spero che a questi pitbull dell'ipocrisia e della bugia che diventa verità torni tutto contro.

temo che l’affaire o il fastidio riguardino solo la parte “colta” dell'Italia... ma sono proprio curioso. anche aspiranti tronisti e veline amano parlare di queste cose solo in confessionale, di una Chiesa o di una TV (a pagamento).

domenica 23 agosto 2009

Andate a farlo a Cogoleto!


Sono felice per il mito di Formentera, isola magica dell'immaginario collettivo trasformata in pattumiera velinara e aperitiva, dove gl'italiani con occhiali a insetto vanno a far quel a casa loro non è permesso (e magari condannano). A la porra!

domenica 26 luglio 2009

Quando c'è la Salute, c'è Tutto. Tutto di Che Cosa?


















Ti capitasse di fare un giro per il centro città nella Milano che in questi giorni si svuota, vedresti esposta in corso Vittorio Emanuele una galleria di personalità che operano nel mondo della Salute: industriali della farmaceutica, medici, ricercatori, direttori di complessi ospedalieri...
Già Coso Formigoni ricco del new look seduttivo senza barba, o Letizia Moratti in una classica posa da sciura antipatica c'entrano poco nella gallery, ma passi: sono amministratori della Sanità pubblica (tra privatizzazioni bislacche, con qualche clinica ladra e assassina, ma passi).
La domanda che invece esplode con la violenza di un peto incontrollabile è: cosa ci fa Susanna Messaggio (la foto è sotto) in questa serie?
Oppure perché manca Giorgio Mastrota, il marito di Natalia Estrada, quello che vende i materassi su Rete4? In fondo, dormire bene è già garanzia di salute.

domenica 19 luglio 2009

Isola delle Vergini, o un'Italia fa.


Sono stato per 2 domeniche di fila al Parco del Ticino, località Vigevano, nel penoso tentativo di conquistare quel minimo di abbronzatura che mi eviti la protezione 50 costante nella prima settimana di vacanza in Andalusia.

Lì ho avuto diverse disavventure a causa della natura (1a settimana zanzare zanzare zanzare e, per difendermi, Autan misto a crema solare: disgustoso. 2a settimana (oltre alle zanzare) pozzanghere che allagavano i sentieri e rendevano penoso il cammino, dopo le recenti piogge. Già così ho misurato quanto sono cambiato: la distanza tra me e la natura non addomesticata (ossia la natura) è ormai enorme. Mi sono domandato: ma per anni anni chi me lo faceva fare?

Ma la cosa su cui ho più riflettuto è che la distanza tra me e la vita gay sauvage del posto, cui ho partecipato per anni da quand'ero un ragazzo a pochi anni fa, è davvero tanta. Anzi, sono un'altra cosa, forse perché probabilmente è cambiato il mondo, e ancor più il pezzo di società formato da noi uomini che cerchiamo gli uomini.

Per chi non conosce, bisogna fare una premessa: il Parco del Ticino ospita da decenni una comunità gay e gay-friendly che non ha mai temuto per numero e vivacità confronti.
Dall'area parcheggio sulla Vigevanese accedevi a un paradiso perduto che lasciava sì qualche spiaggia (molto bella e molto soleggiata) alle famiglie. Ma poi per boschi e sentieri e piccoli spiazzi erano mille le vie del piacere fino ad arrivare alla lontana mitica (per la distanza) ISOLA DELLE VERGINI. La prima volta che ci sono stato risuonava, come il richiamo delle sirene, Renato Zero sovrapposto a Patty Pravo sovrapposto alla Rettore.

Isola delle Vergini era certo ironia camp, ma anche descrizione dell'effetto della natura. Il corso del fiume cambiava e cambia ogni anno, formando così isole e penisole*.
Ogni anno le avventure di questa boystown nostrana cambiavano scenario, in una variante ecologista di Sodoma. Quasi che la natura sfidasse la mutevolezza del capriccio libidico gay per batterlo: ed era davvero poco interessante sapere chi vinceva.

Già all'ingresso c'è stata per anni -con il suo camioncino delle bibite e panini- la lumbardissima sciura Vittoria e la sua adorabile figlia Maria Celeste, due protettrici della comunità che litigavano con i responsabili regionali che decisero ad un certo punto di cintare e dare orari di apertura al Parco, privilegiando i pescatori.
"Ma quali pescatori... qui vengono i peccatori!" diceva la Vittoria ridendo in faccia al funzionario regionale che non capiva un andirivieni così diverso per orari e numeri da quello delle cime dell'Adamello o delle Grotte di Catullo.

Ma è storia passata, oggi la Vittoria serve il suo Fresh (un Gatorade artigianale ricco di limone) nell'alto dei cieli e io torno al Ticino nell'era in cui le relazioni gay di ogni tipo iniziano su internet. Probabilmente i gay e le lesbiche hanno approfittato del web mooolto più degli etero, e per necessità ne han fatto virtù.

Eppure tutti quei nonni, e quelle velate (come chiamare quegli uomini, possibilmente paparini che con la camicia della domenica si avventurano per i sentieri?), e quella marea di trans e travestiti brasiiani (ultimo tra gli acquisti, mai così numeroso prima) di internet fanno anche meno, continuando una pratica di simbiosi con la natura come nulla fosse. E altro che "contro natura".
Certo, sono ben pochi uomini belli o invitanti in senso fashionista. E molti mi sembravano addirittura inopportuni con il loro cazzo fuori, esibito forse per invitare te forse per invitare il prossimo. Sono senz'altro figli di un dio vintage, di un modello superato rispetto a quello che trasuda dai televisori del 2009. Chissà se questi nudisti oltranzisti sfidano il mondo di Papi, o chissà se lo votano perché è "moderno".

Guardavo sull'erba secca un grillo, di una razza particolare che riesce ad aprire sul dorso un ventaglio che pare quali un'ala arancione acceso... E sull'acqua volavano libellule blu fluorescenti... E mi dicevo "è proprio un'Italia fa".

A creare l'effetto "appuntamento con la storia" o meglio ancora "resa dei conti", nel mio iPod suonava in quel momento "Italiano" una compilation fatta con canzoni degli anni '60 dal mio amico Populous http://www.zshare.net/audio/62655926a11f5ccd/. Faceva esplodere il ricordo, dava valore al luogo (che avrà sentito risuonare "Se Telefonando" di un idolo gay come Mina in chissà quanti formati... prima nei mangiadischi, poi con le musicassette, e infine con i radioregistratori...) E pensavo che oggi tutti ascoltiamo isolati, ciascuno in cuffia, facendo implodere la rivoluzione e la differenza come fossero un senso di colpa.

Mi rendevo conto che quella di Populous -musicista straordinario dell'ultima ora, ancora più celebre all'estero che da noi- è un tentativo eroico di rivalutare, riammettere in discorso, recuperare la ricchezza che l'estero ancora vede in noi. Morricone, Pensiero Stupendo, E la Chiamano Estate.

Ma per me è finito, e me ne rendo conto proprio all'Isola delle Vergini. E' finito il fastidio per non riuscire ad essere l'italiano che vorrei, o la voglia di un'Italia un po' più dignitosa e moderna.
Io mi sento europeo, i miei amici mi aspettano in Spagna e il web ci ha cambiati.
E' finita la speranza delle maniche rimboccate, è finito il senso (e il bisogno) del progresso... dell'impegno che portava le mie prof della scuola media ...Marcella, Clara, Paola... ad insegnare al Gratosoglio quartiere disgraziato per aiutare noi figli di operai a "farcela".

Io ce l'ho vagamente fatta, ma l'Italia che mi circonda è quella dei piccoli egoismi e dei soldi come unico valore. Delle veline, di ristoratori che dichiarano di guadagnare quanto i pensionati. E questi vecchi gay con abbronzatura integrale mi sembrano i soldatini di un esercito perduto, quei modellini coccio di cui trovano ogni tanto sepolti in Cina altri 1000 pezzi.


*Nella foto, su un'isola dell'attuale conformazione, un ragazzo che guarda il fiume scorrere e all'estrema destra, sdraiato, un signore distinto con i capelli bianchi che guardava verso di me e si faceva una sega.

giovedì 16 luglio 2009

Give a Bit of Mhh to Me

Ci sono momenti unici e irripetibili, totalmente inaspettati, che non paghi nulla e sono il più grande piacere della vita.

Esco qualche ora fa dalla visita con l'analista dopo aver parlato, tra tante cose, proprio di questo tema e mi incammino verso casa (ore 20,40 circa). Passo a fianco di giardinetti con parco giochi e gente che piscia il cane, in una piazzetta parellela a via Washington (Milano). Accendo il lettore mp3... e cosa ti parte?

Da un disco che possiedo in cd, in vinile di stampa giapponese (quando si dice fan, si dice fan) e naturalmente in mp3 e che ogni tot anni da quando sono adolescente mi ricattura, "Sweet Revenge" di Amanda Lear, comincia "Enigma".
E' una delle mie preferite -anche se di quel disco "le preferisco" tutte o quasi-, penso a Claudio che ha trovato ridicola Amanda Lear quando in un'intervista TV qualche giorno fa le han chiesto perché non aveva avuto bambini e lei ha risposto "per la carriera".

Sopra pensiero, canto a voce alta e imitando il tono di Amanda "Give a bit of mmh to me...". Davanti a me una donna sui 35 si blocca. Quasi le leggo l'incredulità negli occhi anche se la vedo da dietro: si gira e mi scoppia a ridere in faccia con una complicità fragorosa e incredula.
Ancor più stupita perché col caldo che fa io sono lì vestito in maniera formale, con la giacca.

Senza esitazioni capisco che non ride a caso, che è finocchiara di platino, e le dico "Più di cantare Amanda Lear a voce alta per strada..." e lei finisce "...no, non potevi!".

Meno male che ci sono le ragazze, questo tipo di ragazze.

domenica 5 luglio 2009

E' Cronaca Locale?

la domenica mattina (suona "Sunday Morning"?) trovo questa brutta notizia sulla web de La Repubblica, e la prima versione era sul genere "è incerto chi dei due ha commesso l'omicidio prima di passare al sucidio". indovina.

fino a quando non ci renderemo conto che la misoginia è un tumore che lavora come un tarlo per distruggere l'identità del maschio fino a permettergli di considerare la donna "cosa sua" fino a "farla finita" (transitivamente) saremo nei guai.

con molta stima per il Presidente Juan Luis Rodriguez Zapatero, dalla libertà della donna si misura la libertà dell'uomo (e naturalmente quella degli omosessuali rispetto alla dittatura eterosessuale).

mi viene in mente la pubblicità anni '80 dei giocattoli Gig sulle reti TV Mediaset (e l'accesso di piccole azienda al Grande Media che addomestica l'idiota): ridi ridi.

Avete visto "Vincere" di Marco Bellocchio? ...


... che ringrazio qui, come posso, perché il film non ha un sito uffuciale.

giovedì 2 luglio 2009

2 VOLTE GENITORI


Ieri e l'altro ieri sono tornato 2 sere di fila alla proiezione dello stesso film, al cinema Mexico qui in Milano. Un po' perché è il cinema (glorioso) del mio quartiere, a cui posso arrivare a piedi: proietta spesso film tanto straordinari quanto difficili da vedere (quindi è glorioso per la città), ma soprattutto perché l'evento mi pareva asuo storico e perché la notte dopo la proiezione della prima sera i ricordi di quel che avevo visto (facce, espressioni, modi di dire) avevano invaso i miei sogni/pensamenti notturni.

"2 Volte Genitori" mi sembrava davvero una "cosa di famiglia", e dovevo tornare alla proiezione, saltando la piscina. era tutto coerente: la sala cinema pacatamente rivoluzionaria portava fin sotto casa la bomba col silenziatore del coming out nelle famiglie italiane.

Se non bastassero i motivi socio psico ambient, il simpatico papà Agedo presente tutte e due le sere assomigliava fisicamente, per misura e per modo di esprimersi a mio padre. Sono stato educato da lui a rispettare le donne come esattamente uguali agli uomini. il che essendo nato nel 1959, da una famiglia non colta né abbiente... mi sembra proprio motivo di orgoglio.

"2 Volte Genitori" è straordinario da diversi punti di vista: prima di tutto ci avvicina al difficile mestiere del genitore, e fa capire che è davvero un mestiere.
Da bambini o adolescenti vediamo i genitori come scocciatori... adesso che abbiamo la loro età e potremmo essere genitori a nostra volta, vediamo che quei limiti -uno per uno- sono i nostri, o lo specchio dei nostri.
Quei genitori che faticano ad elaborare un approccio, a trovare un equilibrio verso l'omosessualità dei figli (che brutta parola, d'ora in poi cercherò di usare "amore") sono lo specchio delle nostra difficoltà. E quando nel film parlano di "deserto", di mondo che cade addosso, di mancanza dei punti di riferimento, di assenza delle "parole per dirlo" rifanno la faticosa strada che ciascuno di noi (uomo che ama gli uomini o donna che ama le donne) abbiamo dovuto fare. Un percorso inventato nel discredito, nell'indifferenza, nel buio o nella menzogna.
Non a caso chi fa più fatica sono le mamme delle ragazze e ancor più delle "maschie": devono vincere oltre alla diffidenza/disprezzo/ostracismo anti-omosessuale anche la misoginia o la condanna per la mancanza della cosiddetta "bellezza" femminile, oggetto di piacere predatorio maschile (viviamo a Papi-landia).

E poi "2 Volte Genitori" attraverso il dolore dei genitori mette a nudo la vergognosa attitudine della chiesa cattolica romana che lascia temi così importanti avvolti nell'ignoranza o nella condanna solo per approfittarne ed estendere il proprio dominio.

Per onestà, semplicità e voglia di capire, in queste 2 sere al Mexico non sembrava neppure d'essere in Italia. Ho visto apposta i 6 incontri col pubblico (a finale della prima proiezione, l'intro alla seconda e la chiusura di serata)... e nessuno era uguale all'altro; c'è ancora così tanto da dire, da capire e da imparare in questo campo, che più che campo è un deserto che iniziamo a bonificare.

Ci sarà ben una ragione del cinema pieno come un uovo (per un documentario!), o del fatto che i camion di genitori dell'Agedo ai Pride passano tra gli applausi ininterrotti...
La ragione per cui amiamo mamme e papà dell'Agedo è semplice: la loro presenza è una liberazione. Abbiamo dei genitori da amare, e loro si sentono amati. Fa paura dirlo, ma è così.

La prima notte scorsa sono stato folgorato da un fatto che mi pareva un'evidenza: tanta gente gay o lesbica si fa del male, con sesso brutto o promiscuo (soprattutto gli uomini), vive istericamente, prende droghe o trova soddisfazione e autostima in modi bizzarri o autolesionisti PROPRIO PER MANCANZA D'AMORE.
Di quell'amore semplice e naturale che -come dice nel film la ragazza di Lecce o il papà di Catania- se non ricevi da chi ti ha generato, ti porterà a pensare d'essere "sbagliato". Quell'amore che ci renderebbe semplici, normali, perfino banali: cittadini come gli altri.

Dunque grazie a Claudio Cipelletti per le risate liberatorie del pubblico a commentare i momenti del film scandagliano paure e paranoie, permettendo di rivivere i drammi individuali in pubblico (per restare al cinema Mexico, un papà aveva avuto paura che il proprio figlio fosse diventato gay perché gli avevano fatto vedere troppe volte "The Rocky Horror Picture Show"!), ridimensionandoli e facendoli sciogliere come neve al sole.

Niente, dopo un film come questo, è più lo stesso.
http://www.duevoltegenitori.com

venerdì 26 giugno 2009

LA RISPETTABILITA' E' IL NUOVO ARMADIO

Ogni tanto nella vita incontri qualcuno più intelligente di te. Occhio: non perché ti senti particolarmente dotato (anche se ci fosse, e anche fosse poca, l’intelligenza è spesso una condanna). Semplicemente quell’uomo, o quella donna ci arrivano prima e meglio di te. L’unica consolazione all’invidia o alla misura dei tuoi limiti è l’affinità, il pensare che “tu lo/la capisci”, per quanto magra la consolazione sia. Ma intanto hai letto il pezzo o il libro, ti sei imbevuto di quella sapienza, e hai aggiunto un altro mattoncino compatibile con te nel tentativo di comprensione delle kose.

Mark Simpson è un uomo intelligente, per me un punto fermo. Giornalista e intellettuale inglese, lo seguo da anni e da un po’ di tempo è anche più facile: ha un blog. Scrive forte, inesorabile e ironico, senza remore e politically-correttismi (scemenze a fin di bene) che annebbiano la ragione.

E’ l’uomo che ha inventato la parola “metrosexual”, ha santificato Morrissey, ha scritto “Anti-Gay” un bellissimo libro che vorrei far pubblicare in Italia (per riassumerlo in 4 parole, è una sfida alla nomenkulatura) e negli ultimi mesi prende a sberle quel che chiama “sporno” ossia l’interferenza dell’estetica porno gay in tanta immagine moda e sportswear indirizzata al general public maschile (il percorso iniziato da Armani, proseguito da Calvin Klein, oggi piatto forte di D&G o marche come AussieBum).

Se leggi bene l’inglese, ti segnalo un pezzo meraviglioso http://www.marksimpson.com/blog/2009/06/09/respectability-is-the-new-closet/. Ma siccome faccio le mie prove da traduttore per il libro, metto qui di seguito il mio adattamento in italiano, scritto per un pubblico non queer o gay-friendly, così vediamo se sono all’altezza e se potrebbe interessare qui in Papilandia (già la difficoltà nel rendere le espressioni rende l’idea di quanto indietro siamo).

E’ il mio regalo all’Italia per il 28 Giugno.


La Rispettabilità è il Nuovo Armadio***
di Mark Simpson.

“Più sono le cose di cui un uomo ha paura” scriveva George Bernard Shaw “più è forte la sua rispettabilità”. I gay devono essere davvero rispettabili se oggi, 40 anni dopo quella rivolta a Stonewall iniziata da travestite, marchettari e da giovani su di giri per la droga –tutti outsider senza nulla da perdere – i gay sono saliti di livello nella scala sociale, diventando una cultura di mezza età e trovando un sacco di cose per cui provare imbarazzo. Come tutti gli arrivisti, e come la più famosa tra le creature di Shaw Eliza Doolittle, hanno particolarmente paura del loro passato.

La stessa rivolta di Stonewall è stata in qualche modo promossa a “Stonewall 2.0” grazie al recente impegno collettivo per il matrimonio gay. Che è un po’ promuovere “Querelle” a diventare “La Casa nella Prateria”. E nel frattempo i gay si vergognano tanto dei loro eroi da assassinarli un’altra volta, come se la prima non bastasse. Il film adorato dai gay, scritto dai gay e diretto da un gay “Milk” è stato un successo proprio perché ha tolto di mezzo il vero e storico Harvey Milk con la sua vita sessuale senza vergogna scaricando un intero revolver di revisionismo contro la sua figura, e rimpiazzandolo con un’immagine di monogamia bugiarda e un ex marito di Madonna.

Allo stesso modo “Milk” ha sostituito la promiscua San Francisco degli anni ’70 fresca di sauna -una cultura che il vero Harvey Milk aveva abbracciato senza misura- con qualcosa di molto simile al paradiso di un agente immobiliare. Rivista da un gay Mormone, quella San Francisco sembra poco la versione anni ’70 di Sodoma e Gomorra e molto più un quartiere di villette piene di gente con abbigliamento casual raffinato di stile un po’ gay. Nessuna sorpresa che Lance Black (lo sceneggiatore) abbia nominato il matrimonio e Dio più di una volta per un discorso di ringraziamento alla cerimonia degli Oscar che ha ricevuto più impennate del pubblico di quante ne avesse avute la sua pettinatura decorativa.

Nel ventunesimo secolo la rispettabilità è la nuova forma dell’Armadio, l’Armadio 2.0 se la terminologia software non vi dà fastidio. E i custodi del nuovo Armadio non sono le camionette della Polizia o i bulli che picchiano le checche ma i gay stessi animati da una pruriginosa voglia di quel conformismo misto a ipocrisia che gli etero sempre più abbandonano. (…)

Nella loro instancabile brama di rispettabilità - e per favore non raccontiamoci bugie: il matrimonio si chiede per rispettabilità tanto quanto volontà di eguaglianza - se i gay non sono scrittori cult come Bruce Benderson o Michael Warren sembrano aver dimenticato che il sesso gay non è rispettabile e non lo sarà mai per quanto si parli di vita domestica gay. A meno che si voglia fare storia della medicina con un trapianto d’utero riuscito, il sesso gay sarà sempre improprio, inappropriato, non procreativo rispetto a quello desiderato dal Papa, dallo Zio Sam o da Prenatal. E sii sincero, un po’ è per questo che ti piace.

Anche la parola “gay” che oggi ha tutto il decoro per poter essere pronunciata dagli ex sodomiti arrivisti sui campi da golf, non ha una storia proprio decorosa. A parte le lamentele della vecchia guardia per il fatto che gli omosessuali si siano ammantati con un sinonimo di “felice”, “gay” era esattamente l’opposto di rispettabile. Nel 17° secolo una “gay woman” era una prostituta, un “gay man” uno sciupafemmine rovinafamiglie, una “gay house” un bordello. All’inizio del 20° secolo prima che si associasse al comportamento omosessuale, “gay” significava “single” e “scapolone” quanto “straight” significava sposato e rispettabile. Solo nel 21° secolo i termini sono cambiati.

Forse non dovrebbe sorprendere che nel momento in cui i gay sono diventati “come tutti gli altri”, appena ne hanno avuto la possibilità hanno messo le mani su tutto ciò che potevano e hanno iniziato a guardare gli altri dall’alto in basso (“Miss California non può far foto in topless. E’ volgare! Guardaaalaaa!”). E forse anch’io come Shaw con i suoi sandali sono uno snob presuntuoso criticando questi nuovi campioni di rispettabilità, a mia volta dall’alto in basso. Ma come avrebbe detto una drag queen di Stonewall di fronte a questo nuovo perbenismo “…Ma guardali!”

Ironicamente è l’illimitata zoccolaggine possibile grazie a internet che aiuta a tenere in piedi e chiuso il Nuovo Armadio. Adesso gli uomini gay possono muoversi qui e là col fidanzato esibendo una castità monogama al mondo intero, e allo stesso tempo far sesso di nascosto in modo discreto fuori dalla relazione senza neanche il fastidio di andare nei posti gay, o men che meno andare a battere nei parchi o nei parcheggi di strade e autostrade. Per non pochi uomini gay i siti gay di cucco hanno il ruolo che i bordelli avevano per gli eterosessuali sposati nell’era Vittoriana: una disonorevole istituzione che disapprovano fortemente nello stesso momento in cui rendeva la loro rispettabilità possibile e reale. (Non si dovrebbe parlare di queste cose in pubblico… Ops! L’ho fatto)

Non fraintendetemi: non credo che l’anziana e gentile signora che incontro sull’autobus debba essere messa al corrente di chi mi sono fatto la notte scorsa… ma neanche voglio pretendere di essere io che l’anziana e gentile signora.

Eppure, la rispettabilità non è qualcosa di cui bisognerebbe sghignazzare. Potrebbe anzi cambiare la storia. Manca poco tempo e probabilmente anche la data della rivolta di Stonewall verrà cambiata e spostata, chessò, al ’68 o al ’70. In fin dei conti, 69 è un numero che permette brutti scherzi e barzellette da parte dei moralisti contro i gay e la loro ossessione per il sesso…



*** “Armadio” è da sempre la metafora del gergo gay per descrivere la situazione degli omosessuali che per ipocrisia, paura o convenienza non si dichiarano e conducono una vita in incognito, anonima e bugiarda, magari sposati. “Out of the Closet!” ossia “Fuori dall’Armadio” era lo slogan delle prime lotte di liberazione omosessuale e della rivolta di Stonewall, quella che ha dato origine alla Celebrazione del Gay Pride, Orgoglio Gay.

martedì 23 giugno 2009

Se serve a qualcosa la pubblicità


Credo di aver deciso di fare il pubblicitario, da adolescente, per mettere a posto pesi e misure. Sindrome di Robin Hood, diciamo. C'era qualcosa che non quadrava nel mondo, e uno dei sistemi più efficaci e gentili per favorire un mondo migliore era la pubblicità. Bene.

Poi ne sono successe molte, e tra queste ho avuto come cliente Procter & Gamble. E quando la maggior parte dei creativi storceva il naso, e messa al lavoro per la "multinazionale senz'anima" pensava di finire in un lager o in una camera anecoica, io no. Anzi, grazie a quella scuola ho imparato cos'è la misura, la consistenza e contenuto: il che serve anche (anzi di più) se devi vendere vasi a Samo, emozioni e panorami.

Stamattina, a proposito di adolescenza, cambiamento e pubblicità, ho visto una cosa meravigliosa.
In America è partito un blog che ha per protagonista Zack, un ragazzino di 16 anni che si sveglia al mattino con le parti genitali trasformate in quelle femminili.
Questo, episodio dopo episodio, gli fa affrontare con evidente misura differenze, discriminazioni, una visione diversa della vita. E' un virale di Leo Burnett Chicago (complimenti) per Tampax: zack16.com.

Il tutto è scritto (sceneggiatura e dialoghi da Oscar) senza luoghi comuni -o meglio con tutti quelli necessari e nulla di più- con una precisione e una leggerezza nell'insight che ricorda quanto cinema americano sappia essere vero, intenso, superiore.

Rispetto alla pubblicità fuffa (quante campagne, fake, mai uscite e realizzate solo per mostrare "so' bbravo" vengono premiate in questi giorni al Festival della Pubblicità di Cannes!) questa è una rivincita coraggiosa, e neppure tanto invisibile.
Il CINEMA, e la VITA ripartono dal web, proprio come ha fatto la poltica con Barack Obama.

sabato 16 maggio 2009

Electrical Walks


Anche scorazzare per il web è una passeggiata elettrica. Dunque quale occasione migliore di "Electrical Walks" per una tentative prima puntata di Radio Pavlov?
E' il bellissimo progetto di
un'artista, Christina Kubisch, all'interno di 2 festival simultanei qui a Mailand, UOVO e InContemporanea.
Con un paio di cuffie modificate da lei (e che ti davano alla Triennale) potevi girare per il centro città quanto volevi. Ed ogni rumore, interferenza, bisbiglio elettronico -dai bancomat alle macchinette delle merendine nella metropolitana- veniva captato, modificato e trasformato in musica elettronica. Io l'ho fatto in pausa pranzo, martedì scorso, ultimo giorno possibile.
Inutile dire che sembravo un deficiente mentre muovevo la testa con gli occhi chiusi e mixavo il suono rilasciato da uno schermo LCD con quello di un altro all'esposizione della FNAC o peggio se mi avvicinavo col crapone -peggiorato dalle cuffie mastodontiche- al quadro comandi di un bus ATM. Non pariiamo neppure delle finte entrate ai negozi con macchinetta antitaccheggio (tipo Celio) dove il ritmo sincopato sembrava una crisi isterica dei Kraftwerk tempi d'oro.
The (ex) boy from Gratosoglio trova questo mix tra sogno, interferenza, reinterpretazione, estemporaneità urbana e boutade programmata il modo migliore per presentarsi. Et voilà.