venerdì 6 gennaio 2012

MEET THE ROSES.

voglio raccontare una storia piccola, qualcosa che è successo e continua a farmi pensare.

giovedì 5 gennaio sera, ore 19 circa. Milano. freddo vero, aspetto il tram 14 alla fermata di piazzale Resistenza Partigiana. è l'ultima sera di lavoro, il rientro a casa dal lavoro prima del grande ponte dell'Epifania. si avvicina una ragazzo giovane (sotto i 30, poteva essere indiano o pachistano) che vende le rose. naturalmente non mi servono rose, ed ero anche impegnato a mettere a posto il mio iPhone. però lo guardo negli occhi e sorrido. penso anche sia bello. non è il mio tipo o che... ma colpisce. per il suo gruppo etnico (corporatura minuta e piccolo di statura) è molto bello, dignitoso, persino stiloso nella sua educazione.

non so come attacca discorso e mi dice molto naturalmente, come fossi un amico e stesse confermandomelo, che è del Bangla Desh. siccome non posso troncare lì (sta parlandomi) e non distolgo l'attenzione, tenta di vendermi la rosa. dice senza patetismo, in tono molto neutro "eh, ho bisogno anch'io di mangiare il pane. prendine una. per la tua ragazza. ragazza." e per vincere la mia indifferenza (avevo una faccia tipo "boh"), continua gentile "non hai una ragazza?".
ci penso su un attimo, mi rendo conto che questa è un'occasione di vero incontro (sguardo negli occhi = interesse reciproco) tra persone con 2 storie e vite diversissime. dice bene Antonella, la mia Dottoressa, non serve integrazione ma interazione.
rispondo con altrettanto tono neutro, come se niente fosse e come se lui fosse mio amico "no ragazza. ragazzo" (dunque la rosa non mi serve). lui riflette un attimo dondolando la testa come fanno le persone di quell'area geografica per esprimere un "sto ragionando" (tipo Peter Sellers in Hollywood Party, per intenderci). mi guarda e io ripeto "no ragazza, ragazzo". lui capisce che il romanticismo non è il punto "ah, ragazzo". e d'un colpo "ma... sei gay?". io sorridendo "sì". pausa. scuote la testa e senza moralismo commenta scuotendo la testa "ma come mai a Milano così tanti gay?". io, l'ingenuo "tanti?". "sì, siete tanti. anche in Bangla Desh, ma qui di più. anche mia sorella... (e non capisco bene cosa dice) ...è un problema. siete tutti gay."
a questo punto si ferma, guarda il mazzo di rose rose nelle sue mani. educato e deciso ne sceglie, una dopo l'altra, 3 (ha deciso lui il numero). mi guarda e dice "sono le migliori. queste gliele porti, ma mi dai qualcosa perché anche io devo mangiare il pane. e decidi tu quanto". prendo 5 euro, gli chiedo se il prezzo è giusto, mi fa segno di sì. se ne va, io salgo sul 14 pieno come un uovo.

eccole qui, le rose arrivate a casa. troneggiano in cucina nella loro semplicità.
e a guardarle, sembra che ridano di salute.
naturalmente a Claudio sono piaciute tantissimo e spero durino a lungo.

le rose sono il frutto dell'amore, della voglia di capirsi attraverso l'amore (come cantavano i Communards "there's more to love than boy meets girl").

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