sabato 26 giugno 2010

MY LIFE IN A QUADRATINO.

Sono stato al concerto dei Pet Shop Boys mercoledì scorso al Castello Visconteo di Pavia (oh!). E se la domanda fosse -in linea con una delle mie preferite di Tennant/Lowe- Was It Worth It? la risposta sarebbe "Yes, it's Worth Living For". A parte il fatto che la festa è già che ci vai con amici con cui ti sembra di fare famiglia, e questo si allarga all'istante anche con quelli che trovi lì. Non è proprio un caso.

I Pet Shop Boys mi sono sempre piaciuti, anzi di più. E per lo stile ancora più che per le canzoni: West End Girls, presempio, non mi piace ancora adesso. Ma mi piace l'appropriazione e rielaborazione che fanno. Antenne riceventi e trasmittenti. Messaggi in bottiglia che sfidano l'onda del tempo per chi non ha a disposizione figli a cui trasmettere qul che gli sembra di aver capito. Grazie a loro ho conosciuto Noel Coward o Francis Poulenc. Antropologicamente corretti, la dicono lunga sorprendendo con la boutade leggera, e riportano un modo di stare al mondo che è mio, etcetera, actually, yes.

Ha fatto schifo il gruppo di spalla, un gruppo giustamente chiamato Babilonia, il cui cantante a un certo punto ha esclamato "Ma quanti siete!" e c'era da rispondergli "Sì, e così tanti tu non li hai mai visti né li vedrai mai più". Come se non bastasse un dj set che andava bene per l'autoscontro del luna park; avrebbero potuto chiamare -chessò- Il Genio ad aprire il concerto del duo che ha cambiato la storia del pop elettronico e della consapevolezza amorosa ma gli organizzatori si sono accontentati del cuggino di quello che friggeva le salamelle a lato del palco. Que pena, que dolor, que pena. Comunque non era un problema serio come il cancro, e infatti se ne sono andati.

Il team dei PSB ha così cominciato a montare uno scenario meraviglioso e ultralight (mostrando che il risparmio può essere elegante, se sai essere minimalista): cubi bianchi, come in un immenso Tetris monocolore e ricomponibile a iosa.












Escono Neil and Chris, e come sempre abbiamo capito che è un onore essere loro contemporanei. Lo spiego così, perché è un effetto speciale dell'anima che ho provato alcune volte nella vita, per esempio vedendo la prima visione di "Troppo Sole" di Sabina Guzzanti anni fa. E mi capita sempre con i Pet Shop Boys (tranne quando cantarono all'Alcatraz per un album acustico di cui non ricordo il nome, forse Release).

Che esista nella cultura pop un Before e un After los Pet Shop Boys mi pare evidente, lo dicono i Brit Awards e il premio alla carriera delo scorso anno dove i nostri due veggenti hanno portato sul palco ... ricordi chi? .... ricordi chi? okay, vuoi che ti dica chi? ....Lady GaGa! Già due che nel momento in cui vengono premiati perché han fatto storia incoronano un'altra, più giovane di trent'anni ne fa i miei fratelli.
E passiamo allo show, e mettiamo che a chi sta leggendo non piaccia la musica dei Pet Shop Boys. Ma citazioni, rielaborazioni e riappropriazioni culturali bastano a fare di questo spettacolo uno straordinario punto dello state of the art contemporaneo.













Tanto per cominciare le canzoni non esistono più: sono assemblate in stile Pandemonium (nome del tour). Ogni canzone diventa un'altra, non come medley ma come mash up, con la stessa imprevedibilità con cui nella playlist del computer passiamo da una all'altra. Come a dire che il modo di costruire l'identità e la cultura personale da quando il web è diventato mezzo principale di comunicazione è Pandemonium, PANDEMONIO.

Il Virtuale è ormai Reale, e ci ha modificati per sempre. E' inutile illudersi: il nuovo umanesimo è "my life in a quadratino". Siamo una citazione, un rimando, la foto tessera scelta con cura per far colpo nel profilo, nella chat. Siamo (anche, forse soprattutto) un cubetto, un pixel come gli altri e forse stiloso nel flusso d'immagini e sensazioni della rete.
Per chi come è me è cresciuto nei palazzi popolari del Gratosoglio cambia poco. Una volta un amico mi ha domandato affettuosamente "Ma come mai sei venuto fuori proprio tu dai quei 20 mq, visti frontalmente, di cemento armato?" e mi ha fatto uno dei complimenti più belli mai ricevuti in vita mia. I Pet Shop Boys di Suburbia se ne intendono, di voglia d'emergere pure.

Ecco il perché dei cubi bianchi che diventano colorati grazie alle proiezioni, e cambiano forma, e i ballerini ci salgono sopra (post reimpaginato con le insuperabili foto di Gianfranco; sono uno sfigato con le digitali e lui ha una camera più antica ma molto più efficace della mia nei notturni...)
In Suburbia quando parlano della mamma che deve fare la permanente il sabato pomeriggio, e passa l'ambulanza, e cantano "I only wanted something else to do but hang around". Fa sempre il suo bel bel poco zio d'effetto quando migliaia persone in Italia cantano una canzone in inglese. Evidente che abbiamo tutti studiato per poter uscire dalle case popolari, dal paesino ridente e dalle nostre camerette.

Lo stato artistico del concerto li rende ormai i Gilbert & George della musica pop (quando baronetti? tra l'altro a differenza di G&G non dipingono neppure stronzi e non dicono parolacce... comunque io spero MAI)
Come sempre nel pubblico c'erano milioni di ragazze: adoro il fatto che i Pet Shop Boys siano un gruppo electro ma sentimentale, femminile quanto maschile ed eterosessuale quanto omosessuale. E' come se avessero ridefinito l'uterosessualità a partire dal gayismo: ironia, understatement e distacco sono diventate con il tempo il sistema metrico decimale per raccontare l'amore di tutti noi. E con Neil e Chris sono questo stile è diventato un CLASSICO. E' una legge non scritta, ma ferreamente rispettata nel Castello Visconteo di Pavia come in tutte le venue e tutte le tournee: ai concerti dei Pet comandano le ragazze e stanno bene gli uomini che con le ragazze vanno d'accordo. E cantiamo insieme, senza paura d'apparire sensibili.
Forse per questo Fangoria, il gruppo spagnolo che regna nel mio cuore dice molto puntualmente "i PSB non sono un gruppo, sono un genere"*.
Un genere unico, e non in senso musicale: uomo e donna sono due facce della stessa cosa. Do I Have To? (Devo Proprio?, un glorioso lato b recuperato) diventa King's Cross (una canzone d'amore involontariamente diventata simbolo di un disastro ferroviario in quell'amata stazione nell'87). Ah, perché in effetti i Pet Shop hanno anche ridefinito l'Inghilterra e ciò che noi amiamo in lei, Lady Diana in testa.
I ballerini che portano sul palco l'energia che per età e per ruolo Neil e Chris non possono avere ne fanno di diversi colori: la figura più emozionante è quella delle 2 ragazze con teste a cubo che ballano il valzer. Lesbiche? No. Quando tolgono il cubo dalla testa, sono gemelle. Un po' di più, un po' di meno, o forse la stessa cose direbbe il Michel Tournier de Le Meteore.











Una grande emozione è poi stata quando sul muro dei quadratini è comparsa in proiezione pixelizzata xxxxlarge la mitica Miss Dusty Springfield (lei sì lesbica, e semisegregata per questo, unica cantante bianca a incidere per la Tamla Motown, riscoperta dai PSB per Scandal, il film sull'affare Profumo). Again, cantare insieme a tutti "What Have I Done To Deserve This?" (Cosa Ho Mai Hatto Per meritarmi Questo?") in un gioco tra passato e futuro, tra vita e morte, reale e virtuale, capriccio e destino non poteva proprio lasciare indifferente nessuno.

"Is this a riot or are you just pleased to see me?"
poi (nella canzone Pandemonium) è citazione di "Quel che hai in tasca è una pistola o sei soltanto felice di vederli?" di Mae West, e quando dentro Pandemonium si fan largo musica e parole di Can You Forgive her? ossia l'invito (disinteressato ? :-) ad un ragazzo a mandare al diavolo la ragazza che lo deride di fronte agli amici perché gli piace la disco e non il rock, pensi "amore siamo qui e in nessun'altra parte".
E ad un certo punto (per dare una tempistica, i 4/5 dello show) il castello di cubetti bianchi e/o colorati va a pezzi, tirato su da corde invisibili fino a quel momento. Come dire, ieri come oggi è tutto un teatrino, per lo spettacolo e per l'identità è un cubo di Rubik costruito e decostruito grazie all'internet. Mica si che a pezzi ci vanno solo i gay, che -al limite- sono abituati a costruirsi e ricostruirsi tutto senza appoggio delle autorità.

E di seguito i ricordi del miei sapienti amici (architetti) Paolo e Fabio >>> "I tecnici del suono vestiti da scienziati in camice bianco citavano un'opera, PLAYING DOCTOR del 1993 del Collettivo GENERAL IDEA, sterminato dall'AIDS.
I ballerini vesti da grattacieli rifacevano il Ballo delle Belle Arti. New York 1931, dove più di 12 architetti fra i quali William Van Alen (Chrisler Building), Leonard Shultze (Waldorf Astoria) e A. Stewart Walker (Fuller Building) si presentarono con vestiti che riproducevano gli edifici da loro progettati. Rem Koolhaas ha inserito il Ballo nel suo libro "Delirious New York".
Poi c'era Depero, Magritte (ma questo è da sempre molto Pet, NdR) e anche TOYS, il poco cagato film di Barry Levinson che era ancor più un film di Ferdinando Scarfiotti" (bravo Paolo e Fabio, neh? Più che una coppia sembra una squadra... come Neil and Chris).
Aggiungerei un po' di El Lisitskij / Kraftwerk, che in quanto a citazione d'Europa schifo non fa mai... Anche perché ci sarà una ragione se i Pet lasciarono a loro tempo gli States dov'erano amati (e facevano soldi a palate ma dovevano per forza esser catalogati sotto l'etichetta "gay") per l'Europa. I PSB prima del Castello Visconteo han cantato di fianco al Mausoleo di Lenin, a Mosca... e da quel periodo è nata Go West, ossia la reinterpretazione dell'epopea cula '70 di Frisco secondo le indicazioni date da Quentin Crisp in un indimenticato messaggio televisivo natalizio ai giovani inglesi della Regina (ossia Quentin Crisp) da New York "My suggestion for the new year? Just pack up your things and go!".

Gli spagnoli Fangoria (che in molti aspetti sono una spora di contaminazione PSB portata dal vento dell'intelligenza a Madrid) eseguono la loro canzone più celebre, l'inno di ribellione e ormai colonna della nueva España, A Quien Le Importa, SOLO al Gay Pride di Madrid... (per dire, il ritornello "A chi gliene importa di quello che faccio e di quello che dico, io sono così, e così continuerò. Non cambierò mai" e suona molto Pet, muy Was It Worth It?).
L'anno della celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso stesso, l'hanno eseguita in coro con le Nancy Rubias in medley con It's A Sin dei Pet Shop Boys, il cui video fu girato da Derek Jarman.

E' davvero un peccato vivere una volta sola: dovesse ricapitarmi - a pare Claudio - voglio di nuovo Neil e Chis nel panorama, Olvido, Nacho e Mario. E Derek. E i miei amici che mi aiutano a capire.

1 commento:

  1. Ottima recensione, documentata e per niente banale.
    A Pavia c'ero anch'io, comunque. ;)

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